Quando, mercoledì sera, è stata ufficializzata la formazione di partenza decisa da Allegri, in molti abbiamo storto il naso per la presenza di Mandzukic e, soprattutto, per la contemporanea assenza di Morata e Cuadrado. Sorvolo sul fatto che alcuni utenti social fossero imbestialiti (prima della partita, tra l’altro, ma lasciamo perdere) per la scelta di Allegri di schierare l’ariete croato definendolo “ennesimo bidone, tanto valeva tenersi Llorente” e mi soffermo sull’aspetto più intelligente di quelle perplessità. La starting list era la stessa che aveva iniziato il secondo tempo contro il Milan e nessuno ricorderà quella partita come una delle migliori, per intensità e qualità, giocate dalla Juve in questi anni. Perché insistere con questi, allora, e a cosa serviva far riposare sabato Morata e Cuadrado? Unita a questo disorientamento, però, c’era da parte mia la speranza che nella testa di Allegri si stia finalmente risovendo il puzzle del modulo e che ogni pezzo vada al suo posto, fosse anche e solo grazie all’infortunio di Hernanes… Tradotto: non ci sono gli uomini per giocare con il 4-3-3 e, fin quando Kedhira e Pereyra sono fuori, nemmeno con il rombo.
La partita, poi, ha smentito molte previsioni. La Juventus gioca ad un ritmo almeno doppio rispetto alla scialba prestazione fornita contro il Milan, tiene testa al pressing molto alto e asfissiante del Manchester e, soprattutto, produce diverse azioni da gol tornando a mostrare una idea di gioco. Cosa è cambiato, visto che gli uomini erano gli stessi?
L’avversario, prima di tutto, e la competizione, ovviamente. Mentre in campionato prevalgono i dettami tattici e la regola del “primo non prenderle” in Europa non ci sono mai partite da amministrare. Se il Siviglia avesse vinto si sarebbe portato a ridosso di una delle due contendenti, quindi entrambe avevano l’obbligo di vincere per evitare l’assillo di un’ultimo turno al cardiopalma. Questa particolare condizione garantisce sempre maggiori spazi a disposizione e dunque maggiore libertà in fase di costruzione avanzata. Tuttavia non sarebbe giusto limitare l’analisi a questo aspetto, la Juve è scesa in campo con una testa e una gamba diversa, a dimostrazione che l’intesa migliora giocando assieme e gli schemi vengono assimilati meglio se la struttura della squadra (leggi modulo) è la stessa. Non so se Allegri vorrà tenere il 3-5-2 come sistema base anche quando, e se, avrà la rosa al completo, fatto sta che la stagione ha preso una piega diversa nel momento in cui ogni ruolo in squadra è coperto da giocatori messi a fare quello che sanno fare meglio.
Ricapitolando:
- qualificazione ottenuta con un turno di anticipo;
- andiamo a Siviglia con due risultati su tre a disposizione per ottenere il primo posto nel girone;
- porta inviolata per la seconda partita consecutiva;
- centrocampo finalmente propositivo;
- Alex Sandro che mette in mostra i “suoi” 26 milioni di €, staccandosi di dosso l’etichetta di “peccato mortale” in sede di mercato.
Questi gli aspetti positivi al momento. Detti così potrebbero apparire roba da poco conto, mentre invece ognuno di essi costituisce un risultato importantissimo per il prosieguo della stagione, ma visto che, appunto, c’è un prosieguo non possiamo fermarci ad essi e guardiamo oltre, a quello che ancora non va.
Il problema principale è lo stesso dall’inizio dell’anno. Una volta partiti Tevez e Pirlo sono venuti a mancare l’apriscatole argentino in grado di risolvere da solo le situazioni intricate e il cecchino bresciano. Tutti i nodi relativi agli schemi d’attacco sono venuti al pettine mostrando una preccupante sterilità. La Juve è in fondo alle classifiche della percentuale di realizzazione dei tiri perché, pur producendo una mole notevole di occasioni, non le capitalizza. Venendo allo specifico della partita contro i citizens la congiuntura non è cambiata. Negli ultimi 20 metri si vede ancora gente che improvvisa e, soprattutto, gente che sbaglia nella scelta del passaggio decisivo. Guardare, per credere, i 3 o 4 contropiede falliti: Pogba nel primo tempo che non passa a Sturaro, libero sulla destra, portando l’azione sul lato opposto, quello meglio occupato dai difensori inglesi, Morata che si allunga la palla come se avesse davanti un campo da cartoni animati o, un paio di volte, non la passa a Dybala che invece aveva già iniziato ad esultare tanto era pronto a buttarla nella porta vuota, per non parlare di Cuadrado schierato ancora una volta da attaccante puro, posizione del campo in cui il colombiano è utile quanto un termosifone all’Equatore.
C’è ancora molto da lavorare con gli attaccanti e il siparietto mostrato da Mediaset Premium tra Allegri e Morata ne è la prova. Mandzukic garantisce esperienza, fisicità al servizio della squadra e un alto senso del gol ma pecca molto in velocità, motivo per cui mi è sembrata inutile la sua presenza contro una squadra molto attendista come il Milan di Mihailovic. Morata, invece, ha tutte le caratteristiche del grande attaccante e con Dybala potrebbe e dovrebbe garantire quel fraseggio utile a disinnescare le trappole delle difese avversarie. Il piccolo argentino sta imparando a diventare quello che potremmo chiamare “il sarto” della squadra, il regista offensivo che si prende la responsabilità della manovra nell’ultima fase di gioco. Avendo anche uno come Cuadrado in squadra (più Zaza ovviamente), le opzioni per Allegri non mancano, solo che non può lasciare il pallino del gioco all’improvvisazione dei singoli perché hanno già dimostrato, soprattutto in campionato, di non avere sempre il killer instinct dei grandi attaccanti, almeno per ora. Ci è andata bene contro Torino e Milan, partite indirizzate al meglio grazie a cambi di modulo obbligati causa gli infortuni di Kedhira ed Hernanes, ma non è che possiamo sperare che ad ogni partita si faccia male qualcuno…
O si?
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