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Lui è Leggenda

Marzo 2015. La loro prima volta allo Stadium.
“Papà, compriamo la maglia della Juve?”
“Certo, ve l’avevo promesso”
“Evviva! Io quella di Pirlo!”
(Uhm… Pirlo sarà anche not impressed ma mi sa che lei è già impressed. Non le importa se è forte, le piace “come” gioca, con quella sicurezza sfrontata, quel carisma magnetico… “Mantieni la calma e passala a Pirlo”, recita una maglietta. Che sistema tutto lui, non c’è bisogno di agitarsi. Capisco possa far colpo su una bambina. Oddio, è un po’ presto in verità, ma meglio che le piacciano i tipi così, piuttosto che qualche truzzo, tamarro e tatuato, che un domani mi apostroferà con cose tipo “bella zio” o “simpatico il tuo vecchio”. Sai che simpatia…)
“Io voglio quella di Buffon!”
Non avevo dubbi. La sua passione per Gigi mi era nota fin da quella sera dei rigori col Napoli, in Supercoppa. Pur nella sconfitta, Gigi è sempre Gigi.
“Sai che non mi piace che usi il termine voglio…”
Imbarazzo per il rimprovero, ma non cambia idea.
“Sì, però io voglio quella”.

“Mi spiace, non le abbiamo le maglie da portiere così piccole”.
Il colpo è pesante. Mi abbasso per mettermi di fronte a lui: “Dai, ne scegliamo un’altra”.
Si tuffa sulla mia spalla e mi abbraccia per nascondere il magone.
Posso forse impedirgli di fare dei capricci inutili, ma non posso impedirgli di rimanerci male.
Per fortuna la partita è ancora lontana. Nello store non c’è ancora il solito casino, così la commessa ha un minuto in più per noi.
“Senta, facciamo così. Se vuole possiamo provare la terza maglia, che è verde come quella di Buffon, e può comprare quella. Sarà grande lo stesso, ma proviamo la taglia più piccola e vediamo se gli va bene. Sarà un po’ lunga ma magari la può accorciare”.
Ovviamente la maglia non gli va bene. Saranno almeno due taglie in più. Come minimo. Gli arriva sotto le ginocchia. Sono francamente perplesso. E poi quella maglia verde, di un verde che neanche si capisce che verde è, a me fa proprio schifo. Ma la commessa offre un assist degno del miglior Platini a mio figlio: “Almeno la può mettere per più anni”. Seee, va beh. Mi arrendo. Stampano “1” e “Buffon” sulla schiena e usciamo con la maglia indossata sopra il giubbotto, che tanto non stringe. Speriamo almeno la si possa accorciare un po’…

Ieri sera. Serata di Champions.
“Papà, deve giocare sempre Buffon, perché è una leggenda. È il più forte di tutti. Neto deve stare in panchina”.
Oh bella, da dove gli viene questa idea? Vuoi vedere che a scuola…
Lo guardo. “Certo, è il più forte di tutti. Ma non potrà giocare per sempre. E anche Neto non è poi così male, dai”.
I suoi occhi restano fissi sul televisore. “Queste partite le deve giocare Buffon”.
“Ok, va bene”.
“Papà, vinciamo 1-0”.
“Speriamo”.

Calcio di rigore.
E penso: è proprio una coppa stregata per noi. Le milanesi la vincono perfino per caso e noi invece ce n’è sempre una. È maledetta.
Ma quale maledetta e maledetta!  Sai benissimo che cose tipo “non è nel nostro DNA”, “è una coppa stregata” e simili sono minchiate senza alcun valore! Se Bonucci fa una cavolata colossale, cosa c’entra la sfortuna?!?
E mentre cerco di convincermi che la parte razionale del mio cervello ha ragione…
“Hai visto??? Si è buttato e (emette un suono irriproducibile)! L’ha parata!!! Però doveva bloccarla”.
“Beh ma era un calcio di rigore, è già tanto che l’abbia respinta”.
“Ma lui è Buffon, poteva bloccarla”.
A furia di sentir dire che Gigi è Superman finisce che i bambini ci credono davvero…

Due minuti alla fine del primo tempo.
“Tato, mi sa che non lo vedi il gol” (la fine del primo tempo è il segnale che è ora di andare a nanna).
“Ma lo segnano nel secondo tempo. Vinciamo 1-0. Buffon para tutto”.
“Va bene, se lo dici tu”.
“Poi domattina mi dici come è finita”.
“Va bene”.

Quando l’arbitro caccia Lemina penso che mio figlio ha sbagliato pronostico. E invece… E Gigi para veramente tutto. Prende una palla con un riflesso che per forza sotto quella maglia schifosamente verde deve esserci Superman.
Ma non esulta. Non è esaltato ma non è neanche incazzato. Gigi, che cos’hai?
Lo vedo in conferenza stampa. Guardo la sua faccia. È evidente che è offeso per le critiche, ma non è solo quello. C’è un frullato misto di rabbia, dispiacere, consapevolezza, orgoglio.
Penso a Giulio Cesare. Pugnalato. Alla faccia che deve aver fatto vedendo i congiurati.
Chi siete voi per giudicare la grandezza di Giulio Cesare? Voi, che senza l’infamia di un omicidio avreste attraversato la Storia senza lasciare traccia alcuna? Io ho costruito la leggenda di un impero e voi osate criticarmi e pugnalarmi, per meschina invidia?
Al funerale non c’è nessuno, che vadano al funerale: ho già detto spesso, senza presunzione, di essere già di mio molto autocritico. E non ho bisogno di sentire la spocchia degli altri, che mancano di rispetto alla carriera e allo spessore di una persona. In tutta la mia vita non mi sono mai voluto omologare agli altri, quindi non mi interessa cosa dicono da fuori. Fra tante stupidate che ho sentito, solo una cosa era giusta: da Buffon pretendo di più“.
Giulio Gianluigi Cesare Buffon. Superman. Capitano.

Stamattina. Occhi ancora pesti per il sonno.
“Com’è finita la partita?”
“Abbiamo vinto 1 a 0 e Buffon è stato fantastico!”
“Papà, però la maglia di Buffon la metto domani, perché ha le maniche corte e ginnastica è domani”.
Sorrido. Quella maglia ormai è macchiata in più punti, soprattutto sulle ginocchia. Ha parecchi fili tirati e pure un buchino sul davanti, proprio vicino al colletto. Non ha voluto che fosse accorciata, perché tagliarne un pezzo sarebbe stato un sacrilegio. E continua a essere di quel colore verde che non si capisce neanche esattamente che tipo di verde sia, solo che adesso è pure un po’ slavato. Da tempo mia moglie e io abbiamo rinunciato a dissuaderlo: quando vuole metterla è giusto così. Però almeno adesso gli va quasi bene. Quasi.
Mio figlio ha sei anni. Lui, la Juve, l’ha solo vista vincere. Di Buffon ha visto solo le ultime stagioni, eppure ha già ben chiaro, meglio di tanti adulti, che in questa squadra di Invincibili c’è un solo Immortale.

“Papà, deve giocare sempre Buffon, perché è una Leggenda”.

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