

La lotta alla mafia è una cosa seria.
Anche il circo è una cosa seria. E anche fare il pagliaccio è una cosa seria: far ridere non è per niente facile. Il problema però è tenere le tre cose separate: quando le mischi non sai mai che effetto puoi ottenere.
Tutto ha avuto inizio con l’inchiesta Alto Piemonte, che aveva lo scopo di accertare… ecco, esattamente, di cosa si è occupata quell’inchiesta? Pare mirasse ad accertare la presenza della ‘ndrangheta nel nord ovest della nostra penisola, ma, nel dettaglio, di cosa si sia occupata lo sanno in pochi. E ormai è quasi impossibile saperlo, perché se digitate in Google “inchiesta alto piemonte”, i suggerimenti sono: “cosa rischia juve”; “dino mocciola juve”; “gruppi ultras juve”; “ultras juventus drughi” e gli articoli sono tutti “juve ‘ndrangheta”. A parte le esagerazioni, è evidente che un’importante inchiesta di mafia si è ridotta sui giornali all’equivalente di una disputa tra tifosi, e lì è finita (almeno per i giornali e i tifosi stessi).
Ma come c’è capitata dentro la Juve? Perché il figlio di un mafioso, tale Rocco Dominello, accompagnandosi con Fabio Germani, fondatore del gruppo ultras “Bianconeri d’Italia”, si è intrufolato nella curva bianconera e avrebbe cercato di gestire direttamente il fenomeno del bagarinaggio.
Chiariamo subito un punto, che rimanga ben fermo: se la Juventus avesse finanziato la mafia, cedendo gratuitamente i biglietti a Dominello (i biglietti sono stati regolarmente pagati, a prezzo pieno ndr), sapendo per di più che era un mafioso, oggi sarebbe tra gli imputati di quel processo. Invece i dirigenti della Juventus sono stati sentiti come testimoni e l’indagine si è chiusa senza alcun rinvio a giudizio. E questo è un fatto. Le conclusioni, sulla base di questo fatto, dovrebbero essere a prova di demente; però così non è, visto che più d’uno non è riuscito a trarre l’ovvia conclusione.
La procura di Torino ha poi passato gli atti alla procura della FIGC, per verificare se la Juve avesse commesso delle irregolarità nella vendita dei biglietti. Ed è su questo che la Juve si aspettava di essere deferita ed eventualmente sanzionata.
Quindi perché è scoppiato il casino? Perché Pecoraro non si è limitato a deferire la Juventus “perché, nel periodo che va dalla stagione sportiva 2011-12 (e già, il procedimento era stato aperto dal suo predecessore, il superprocuratore Stefano Palazzi ndr) a quantomeno tutta la stagione sportiva 2015-16, con il dichiarato intento di mantenere l’ordine pubblico nei settori dello stadio occupati dai tifosi “ultras” al fine di evitare alla Società da lui presieduta pesanti e ricorrenti ammende e/o sanzioni di natura sportiva, non impediva a tesserati, dirigenti e dipendenti della JUVENTUS F.C. S.P.A. di intrattenere rapporti costanti e duraturi con i cosiddetti “gruppi ultras” […], autorizzando la fornitura agli stessi di dotazioni di biglietti e abbonamenti in numero superiore al consentito, anche a credito e senza previa presentazione dei documenti di identità dei presunti titolari, così violando disposizioni di norme di pubblica sicurezza sulla cessione dei tagliandi per assistere a manifestazioni sportive e favorendo, consapevolmente, il fenomeno del bagarinaggio, partecipando personalmente, inoltre, in alcune occasioni, a incontri con esponenti […] della tifoseria ultras” bensì ha voluto aggiungere, negli spazi […]: “anche per il tramite e con il contributo fattivo di esponenti della malavita organizzata” e “incontri con esponenti della malavita organizzata“.
Prima considerazione: favorire il bagarinaggio. Dovunque si registri un “tutto esaurito”, il fenomeno del bagarinaggio prende piede. Lo Stadium, per fortuna, è sempre esaurito e questo favorisce evidentemente il bagarinaggio. Al Delle Alpi invece il bagarinaggio non lo si poteva favorire in alcun modo: era sempre mezzo vuoto.
Ci sono quindi solo due modi per non favorire il bagarinaggio: stadi mezzi vuoti e biglietti nominativi, senza possibilità di fare il cambio nome sugli abbonamenti. Sul primo punto, evidentemente, non c’è possibilità di intervento. Sul secondo invece sì.
Va precisato che la possibilità di usufruire del cambio nome sugli abbonamenti (fino ad un massimo di 3 in una stagione, non infiniti ndr) è una misura volta a favorire i tifosi: ho più di un amico che ha sottoscritto l’abbonamento in comproprietà con fratelli, sorelle o altri amici, per dividersi i costi e garantirsi l’accesso allo Stadium per le partite più importanti, quando trovare un biglietto è un’impresa titanica. È quindi probabile e verosimile che questa possibilità, in seguito ai recenti sviluppi, verrà cassata, danneggiando ancora una volta i tifosi “normali”. Presumo che verrà incentivato il secondary ticketing ufficiale, ma questa è un’altra storia.
Interessante poi è la necessità, evidenziata nel deferimento, di foraggiare di biglietti gli ultras “per mantenere l’ordine ed evitare sanzioni”.
Se io sono ricattabile dagli ultras perché LORO fanno casino (apposta) ed IO mi becco le sanzioni (questa cosa è A S S U R D A ! ! ! ), mi troverò sempre in una condizione di debolezza nei rapporti con le tifoserie organizzate, e se non è sui biglietti dovrò cedere su qualcos’altro. La colpa di questo è della FIGC e del sistema giudiziario, e lo dico senza mezzi termini. Se la FIGC levasse dall’ordinamento sportivo la cazzata della responsabilità oggettiva, le forze dell’ordine arrestassero chi commette atti penalmente perseguibili e i magistrati li condannassero al gabbio (basta con questa cazzata del daspo!), le società non sarebbero costrette a “tenerli buoni” perché non sarebbero ricattabili. Ma di questo sembra non fregare niente a nessuno.
Tutte le società, in un modo o nell’altro, cercano di tenerseli buoni: ora spiegatemi perché si apre un procedimento SOLO contro la Juve, per aver intrattenuto “rapporti costanti e duraturi con i cosiddetti gruppi ultras“. Ma anche di questo non frega niente a nessuno (e con nessuno mi riferisco ai giornalisti).
Fin qui fa già abbastanza ridere che la procura della FIGC abbia aperto un procedimento. Procedimento che non si sarebbe filato nessuno e sarebbe finito in niente se Pecoraro non avesse messo il carico: la Juve per farlo si avvaleva dei buoni auspici della mafia. L’accusa è gravissima e in totale contrasto con le conclusioni della Procura di Torino, ma, si dice, Pecoraro ha le prove.
La prima domanda è: dal momento che Pecoraro dice in audizione davanti alla Commissione Antimafia che il procedimento è partito sulla base dell’incartamento di Torino, com’è possibile che lui abbia tratto conclusioni così diverse rispetto al GIP di quel tribunale? E quali sono le prove di cui solo lui dispone?
Da qui in poi, la vicenda cessa di riguardare la lotta alla mafia e diventa qualcos’altro.
La Commissione Antimafia prende per buona la deposizione di Pecoraro, dimostrando di non essersi preparata bene leggendo le carte. Quel che è peggio, attacca l’avvocato Chiappero che nega i rapporti privilegiati tra Agnelli e Dominello, dimenticandosi che il loro compito è solo di acquisire informazioni, non di giudicare.
L’onorevole Taglialatela, tifoso napolista e antijuventino sfegatato e dichiarato, membro della suddetta Commissione, pensa probabilmente di farsi una bella campagna elettorale a spese della Juventus, infischiandosene del suo ruolo istituzionale e raccogliendo quella fama e quella notorietà che fino ad allora erano solo un lontano miraggio, e parte all’attacco.
“Qualcuno”, come da usanza consolidata fin dai tempi di calciopoli, passa a “Il Napolista” le carte del deferimento di Agnelli e la mattanza prosegue. Ora, le carte del deferimento sportivo erano in possesso di due o tre soggetti: la Procura sportiva, la Juventus e forse la Commissione Antimafia. Fate voi chi poteva avere interesse a passare le carte a Il Napolista per creare il giusto clima mediatico intorno alla vicenda.
Fin qui nulla di nuovo.
La novità è che finalmente la FIGC, nella persona del Direttore Generale Uva, prende posizione, difendendo il marchio Serie A, la sua società più importante e uno dei dirigenti più in vista, da un’aggressione strumentale. Risultato? Parole anche a lui, che si è permesso di dire un’ovvietà: alcuni politici, membri della Commissione Antimafia, invece di fare il loro lavoro, cercano facili consensi attaccando la Juve e danneggiando indirettamente il brand Serie A, sulla base di prove tutt’altro che certe; prove, anzi, che appaiono molto opinabili.
A questo punto, a sorpresa, anche la Juve passa all’attacco: #DesecretatePecoraro. E così avviene.
Pecoraro viene risentito oggi dalla Commissione Antimafia, e la sua deposizione non viene secretata. E comincia lo spettacolo.
“L’intercettazione di cui si è parlato l’altra volta, su cui sono state dette tante cose, è un’interpretazione che è stata data. Noi abbiamo dato una certa interpretazione, perché da quella frase sembrava ci fosse una certa confidenza ma probabilmente era del pm quella frase. Anzi, da una lettura migliore la attribuisco al pubblico ministero”. Capito signora maestra? Ho letto male e capito peggio.
“Le parole vanno misurate, lei non deve sostenere assolutamente che io abbia affiancato il presidente Agnelli alla ‘Ndrangheta. Altrimenti avrei usurpato i ruoli della giustizia ordinaria”. NOOOOOOOOO, ma non mi dire! E io che avevo letto “anche per il tramite e con il contributo fattivo di esponenti della malavita organizzata” e “incontri con esponenti della malavita organizzata“! “Signora maestra, devo confessarle che il compito a casa non l’ho fatto io, me l’ha scritto la mamma. Quindi se ci sono degli errori non può prendersela con me.”
Ma le risultano telefonate dalle quali si evince che Agnelli sapesse dell’estrazione mafiosa di Dominello? “Non ho letto intercettazioni. La mia è una sensazione. Non lo posso escludere”. Peppeppereperepeppepere….
Ma, signori miei, la cosa più spettacolare è l’esordio: “Sono qui per integrare quanto detto il 7 marzo scorso. E anche nella speranza di chiudere le polemiche susseguite dopo quella data e di bloccare un processo mediatico inopportuno che non fa bene né alla giustizia sportiva né a quella ordinaria“.
A questo punto non dovrei riuscire a smettere di ridere.
Se non fosse che non c’è niente da ridere.
Anzi, per dirla come si deve, non c’è proprio un cazzo di niente da ridere.
L’Onorevole Bindi (che, ricordiamolo, aveva attaccato frontalmente l’avvocato Chiappero, reo, bontà sua, di negare l’esistenza di rapporti consapevoli tra Agnelli e la mafia) ci tiene a precisare un punto: “Voglio sia chiaro un punto dopo le affermazioni che fa il procuratore in riferimento a quella telefonata: Pecoraro ammette oggi che in quella telefonata non si sta parlando del presidente della Juve Andrea Agnelli. Voglio che sia chiarito tale aspetto“. E chiariamolo ‘sto punto, anche se servirà a poco.
Sapete perché? Perché ormai, Agnelli-Juve-mafia resterà nella storia. La Repubblica twitta prontamente: Procuratore Figc: “Dalla Juve biglietti anche alla criminalità”. Stessa cosa RadioRai1: NEWS/ Caso #Juventus: Pecoraro, biglietti anche a criminalità. Insomma, come al solito, chi vuole prende i pezzi che servono alla teoria e batte su quelli. Il resto? Irrilevante (o prescritto). Insomma, siamo alle solite.
Quindi mi perdonerete se non ci trovo niente da ridere.
Questa cosa la chiamano “circo mediatico”, e sicuramente è vero. Che sia popolato di pagliacci credo sia altrettanto vero. Che non faccia ridere è altamente probabile. Unica consolazione: ho smesso da tempo di pagare il biglietto per assistervi.
Solo, mi auguro che questa volta, a tempo debito, Andrea Agnelli non faccia prigionieri. Stavolta non si può far finta che non sia successo nulla.
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