È mattino, c’è un bel sole, decido di svegliarmi alla buon’ora e di mettermi alla ricerca di una entità astratta che sta facendo impazzire il popolo bianconero: la Mentalità Europea.
Mi dicono di cercarla in quel di Londra e di chiedere di tale Mourinho Josè che poco prima ha affrontato una semifinale di Champions League arroccandosi nella propria metà campo, facendo vedere al mondo intero il nuovo credo del calcio europeo: il catenaccio.
Non contento, affino la mia ricerca e volo in quel di Madrid; qui mi raccontano dell’esistenza di un italiano dalla mentalità europea, che ha appena giocato la seconda semifinale di CL affrontandola con una delle più innovative ed europeiste tecniche calcistiche: il contropiede, pardon la ripartenza (fa più Europa) che gli ha permesso di vincere contro chi (Guardiola) con il suo 65% di possesso palla ha fatto tanto arrabbiare i tedeschi, si proprio loro, la capitale calcistica/economica dell’Europa.
Decido di ritornare in Italia, ho sentito parlare di una bellissima città che si affaccia sul golfo, Napoli, qui avrei dovuto chiedere di tale Rafa Benitez, poliglotta che parla ben 4 lingue, chi meglio di lui può conoscere la mentalità europea?
Quest’estate Benitez è stato presentato dal suo Presidente come l’allenatore dalla mentalità europea e che grazie agli esperti “europeisti” Higuain, Callejon, Mertens, Reina, doveva insegnare agli italiani a vincere in Europa. Prima di chiamarlo, mi informo e provo a chiedere in quale competizione europea stia giocando e come è messo in classifica nel proprio campionato. Dallo sguardo di un simpatico amico napoletano capisco che le cose non sono andate proprio per il verso giusto, così riprendo il mio viaggio e decido di far tappa nella Capitale!
Roma Caput Mundi, dicono; dai se non dimora qui la mentalità europea non so proprio dove cercarla. Mi raccontano di tale Garcia Rudi, un signorotto tutto composto ed elegante che schiaccia gli avversari nella propria trequarti e che non guarda mai in casa degli avversari, mica come quelli che credono di non vincere perché tutto gli gira contro, mica di quelli che credono di non vincere perché contro i propri antagonisti gli avversari si scansano.
Sicuro e deciso che Roma sia quella giusta, vado per la mia strada, quando ad un tratto, mi guardo intorno e leggo strane scritte sui muri: MO’BASTA, SAPETE SOLO RUBBBARE (si con tre B), AIUTINI, ER SISTEMA, ER VENTO DER NORD. Fermi tutti, forse c’è qualcosa che non va nella Capitale, altro che mentalità europea.
La mentalità europea è quella del Milan, mi dicono. Vai a Milano, loro si che sono europei, il Milan quando ascolta la musichetta della Champions League si trasforma in un razzo missile con circuiti di mille valvole, tra le stelle sprinta e va… si fuori dall’Europa.
Niente, non riesco proprio a trovarla sta mentalità europea, ho provato anche nel più grande supermercato della mia città, volevo portare a casa un bel pacco regalo: una quintalata di mentalità europea da donare alla mia squadra del cuore, ma mi hanno detto che le scorte erano terminate; era già passato un tale Uolter o Walter, la commessa si scusa per la pronuncia, lei non è “Europea”.
Di sicuro e me lo confermano da più parti, la mentalità europea non potrai mai trovarla a Torino, li regna un tipaccio tutto arrogante ed antipatico, pensate che lo chiamano il talebano. Cosa può saperne Antonio Conte di mentalità europea? Proprio lui poi, un salentino emigrato in Piemonte in cerca di fortuna che da calciatore ha vinto poco più che una Champions League, una Coppa Intercontinentale, una Coppa Uefa, una SuperCoppa Europea, che da buon anti europeista perde finali come se non ci fosse un domani: una finale di coppa Uefa, tre finali in Champions League ed in Nazionale una finale della Fifa World Cup (figo eh..) nel ’94, ed infine una finale della Uefa Euro Cup (aridaje) nel 2000.
Insomma uno che di esperienza internazionale ne ha poca, uno che in Italia e con la Juve ha vinto poco da calciatore e men che niente da allenatore… Cosa può saperne lui di come si gestisce uno spogliatoio, di come si affrontano con la giusta concentrazione e mentalità le partite che contano, neanche avesse avuto come allenatori Trappattoni o Lippi. Che ne sa lui di record di imbattibilità, di partite vinte, di punti conquistati, ecc. ecc. un dilettante insomma.
Lui è il classico talebano, senza mentalità europea, di quelli che quando si fissano con un modulo non lo abbandona neanche sotto tortura. È ossessionato dal suo 4-2-4, volevo dire il 4-2-3-1, cioè il 4-3-3, uffa, maledetti numeri, scusate volevo scrivere il 3-4-3, no 3-5-1-1, ok ce l’ho fatta: il 3-5-2. Mamma mia che ossessione…
La mentalità europea dicevamo, ma quale? Quella che ti porta a disputare un quarto di finale di Champions League affrontando in modo arrendevole una squadretta da niente come il Bayern di Monaco o ad affrontare il Real Madrid per due volte durante il girone facendosi prendere a pallonate in faccia?
O quella che ti porta a disputare una semifinale di Europa League, fuori casa con il 57% di possesso palla, 9 tiri di cui 5 nello specchio della porta contro i 2 (ahimè centrati) del Benfica?
No, a Torino la mentalità europea non la troverai mai, dicevano…
Adesso mi scuserete se riprendo la mia lanterna e da novello Diogene mi rimetto alla ricerca.
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