

C’era una volta una squadra, una grande squadra, che vinceva e dominava in campionato ma che appena varcava i confini stranieri si sentiva debole e insicura.
Spavalda, cinica, sicura di se la domenica, timida e impacciata come un ragazzino al primo appuntamento appena suonava la famigerata musichetta della Champions (a proposito, ve l’ho mai detto che non mi piace? Ecchissenefrega, direte giustamente voi…).
Eppure era la stessa squadra, gli stessi giocatori, una volta leoni l’altra… ehm, ci siamo capiti, no?
Ehhhh, la Juve è il simbolo del declino del calcio italiano, ormai incapace di dominare in Europa, siamo diventati un campionato di periferia.
Ma a qualcuno tutto questo non tornava: la squadra era una signora squadra, fior fiori di giocatori per cui molte squadre europee avrebbero fatto carte false… ma non era che scendevamo in campo troppo impauriti a prescindere?
Poi un giorno arrivò un Signore che nessuno, o almeno pochi, volevano: un Signore che passava come un aziendalista, uno yes man incapace di alzare gli occhi davanti al padrone e buono solo a dire “Signorsì Signore!”.
In pratica era il commissario liquidatore di quella splendida creatura formatasi nei 3 anni precedenti che, a quanto dicevano, ai piani alti veniva vista come un peso: quindi via l’uomo del destino, arriva il commissario liquidatore, tempo 2 o 3 anni e saremo tornati a lottare per un posto in Europa League.
Infatti quell’anno abbiamo vinto Scudetto e Coppa Italia.
Ehhhh ma è in Europa che si vede il valore di una squadra, vedrai che non passiamo neanche il girone di qualificazione! Così dicevano…
Infatti quell’anno siamo arrivati in finale, anche se qualcosa ancora non andava: la squadra a volte balbettava, non riusciva davvero a capacitarsi delle proprie potenzialità, stentava, poi una sera si buttò nel vuoto e da lì… vittoria a Dortmund, pareggio a Montecarlo, pareggio a Madrid e vai a Berlino!
Poi, vabbè, i tonfi dolorosi: Berlino, Siviglia, Monaco di Baviera.
La delusione, la rabbia, il dover gettare la spugna a pochi passi dal traguardo, l’imprecare contro quella coppa maledetta, la fortuna che non girava più dalla nostra…
No, niente di tutto questo.
Erano solo cazzate.
Quelle non sono state sconfitte, ma solo tappe di una crescita che c’ha portati a essere ciò che siamo ora: si cresce lasciandoci alle spalle le delusioni, si diventa più maturi e si impara dagli sbagli e dalle ingenuità che commettiamo.
L’essere umano si evolve così da migliaia di anni, è la vita.
E siamo arrivati a quest’anno.
Arriva lui, uno dei centravanti più forti in circolazione: finalmente uno da 20 gol e passa a stagione, era dai tempi di Trezeguet che non vedevamo un killer d’area di rigore! E poi è pure un core ‘ngrato, vuoi mettere?
Ehhh, ma quando si giocano le partite decisive si eclissa!
Ehhh, ma in Champions League fa pena!
Così dicevano…
Eccheccazzo, però in Champions stenta davvero Gonzalo: un paio di gol contro i dopolavoratoristi croati, un rigore contro il Lione, poi basta.
Sarà, però poi lo vedi dappertutto in mezzo al campo: corre, si sbatte, regala assist manco fosse un trequartista… non segnerà, ma se alla fine il suo contributo alla vittoria lo da in modo tangibile per me va più che bene.
Sign of the times.
È il calcio moderno bellezza, oggi un attaccante non deve limitarsi a fare solo il rapace in area di rigore, deve rientrare, prendersi la palla a centrocampo, muoversi per aprire gli spazi.
Ok, ma nel frattempo chi segna?
Si, perché va bene tutto, mi sta bene anche vederlo terzino Higuaín, però vederlo nel suo ruolo naturale non mi dispiacerebbe e poi caspita, siamo arrivati all’andata delle semifinali di Champions League, non sarebbe l’ora di buttarla dentro per bene?
Detto fatto, arriva la serata giusta, in un piccolo stadio di un piccolo stato dove in tanti sognano di prenderci la residenza, mai capito il perché…
Davanti ci troviamo il Monaco dei miracoli (così l’hanno chiamato, no?), la squadra che segna sempre, ben 146 gol in stagione!
Il miglior attacco… che stasera però ha trovato il pane per i suoi denti, ovvero la BBC al completo e Buffon dietro: bravi, tante belle occasioni, bei movimenti, avete costretto Buffon a guadagnarsi ampiamente la pagnotta… però scusate, per il gol ripassate la prossima volta, grazie!
Certo, segnare 1 gol o anche 2 sarebbe l’ideale, potremmo mettere una bella ipoteca per il passaggio del turno…
Ci vorrebbe una bella prestazione però là davanti, un mix di spavalderia e di tecnica, l’ennesimo salto nel vuoto per raggiungere un altro traguardo; ma vuoi vedere che non dobbiamo più saltare nel vuoto?
Vuoi vedere che quelle 2 partite contro i blaugrana hanno tolto un peso ai giocatori?
Vuoi vedere che ora vanno a memoria e sanno quando devono accelerare per fare male e quando devono rallentare per gestire?
Detto fatto: Marchisio dalla nostra trequarti lancia Dybala che di tacco, di prima, la passa a Dani Alves; scambio ravvicinato con Higuaín e si invola verso l’area di rigore e poi, senza guardare mette la palla nel mezzo dell’area perché sa che lì, in quel preciso istante, in quella precisa porzione di terreno di gioco arriverà lui, il rapace, l’avvoltoio che si avventerà sulla palla bruciando tutti e mandandola in rete.
Cinque passaggi in circa 70 metri, un’azione da manuale, siamo in vantaggio.
Questo vuol dire giocare a viso aperto in Europa e tanti saluti a tutti gli esteti del calcio.
Tra l’altro, se volete far innamorare qualcuno del calcio, fategli vedere il tacco di Dybala, io me lo sto sognando in loop da ieri sera.
E non è finita qui: 1 gol va bene, ma con questi ragazzini che non hanno niente da perdere meglio stare più tranquilli, e poi la squadra deve abituarsi a far capire all’avversario chi è che comanda.
Siamo la Juventus, siamo tra le prime squadre d’Europa, se vogliamo nel giro di pochi minuti chiudiamo la partita e tanti saluti a voi e al Principe Alberto!
Non ci date la palla?
E noi ce la prendiamo di forza, ma mica con i Chiellini o i Barzagli o i Mandžukić, abituati al gioco duro e al contrasto; no, ci mandiamo le due pallottole con ali di farfalle, Dybala e Dani Alves che sradicano un pallone a Bakayoko, duettano tra di loro (senza neanche guardarsi) mentre lui, Higuaín, si invola in area sapendo che Dani Alves riuscirà a mettergli quella palla giusta e precisa in quella precisa porzione di terreno dove arriverà lui per appoggiarla comodamente in rete, nonostanta la spaccata inutile alla Heather Parisi del vecchio cuore granata di Glik: 2-0 per noi e da lì in avanti gestione in scioltezza della partita e la finale di Cardiff che si avvicina sempre di più.
Questi siamo diventati, una squadra fottutamente potente che gioca bene, che sa gestire alla grande partite molto delicate, in cui tutti danno il 1000% delle proprie possibilità per la squadra, e se poi qualcuno umanamente sbaglia arriva il compagno a metterci una pezza: se un difensore non riesce a contenere la furia degli attaccanti ecco Gigione Buffon a compiere miracoli su miracoli (e tanti saluti ai vari Neuer, Donnaruma ecc…, arrivate a 39 anni a questi livelli e poi ne riparliamo), se Pjanic sbaglia assist nella nostra metà campo c’è Bonucci a rimediare e così via, subito uno arriva in soccorso dell’altro e alla fine l’equilibrio di questa squadra non ne risente.
Khedira è in tribuna per la squalifica rimediata dopo il giallo a Barcellona?
No problem, gioca Marchisio, che nella serata decisiva sfodera una prestazione d’altri tempi trovandosi sempre al posto giusto e affiancando Pjanic in fase di costruzione del gioco.
La partita fila via con qualche apprensione fino al fischio finale, ma un pochino a questi livelli è logico soffrire, stiamo giocando con le migliori squadre d’Europa, mica con l’inter o la Sambenedettese (con tutto il rispetto per quest’ultima, ingiustamente accostata all’inter, chiedo venia)!
E ora che la iena si è svegliata pure in Champions sotto con le ultime 6 partite, sperando davvero che a questo punto diventino 7.
7 partite in 31 giorni, sembra il titolo di un film: sta a noi, solo a noi, decidere il genere e il finale.
Che dire?
Il regista è bravo, gli attori pure, guardiamolo e vediamo come va a finire.
Keep the faith alive e forza Juve!
PS. Il caro saluto stavolta è tutto per Kamil Glik.
Appena hai saputo del sorteggio hai messo su Facebook, dicendo di essere su di giri, la foto del tuo fallo su Giaccherini che ti costò il rosso diretto nel derby del 2012: inutile ricordarti che quella tua furbata a centrocampo, oltre a rischiare di rovinare la carriera a un avversario, lasciò la tua squadra in 10 che alla fine ne prese 3 di gol.
Stasera per un attimo ti ho rivisto con quella gamba tesa a voler cercare non so bene cosa: forse cercavi il fantasma di Giaccherini, o forse cercavi quel pallone lanciato con precisione millimetrica da un giocatore superiore a te, destinato a un altro giocatore altrettanto superiore che poi l’ha messa dentro.
Così va il calcio caro Kamil, con noi tu una volta perdi e l’altra pure: mi spiace, ma a ciascuno il proprio destino.
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