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Napoli-Juventus 0-1: quasi come il gatto e il topo

Il Napoli bello, spumeggiante, dal gioco europeo (che poi in Europa finisce sempre per prenderne almeno 3 in casa contro le grandi del Continente, ma questo è un dettaglio) perde in casa contro la Juve più sporca, brutta e cattiva della stagione. Non è assolutamente una critica verso i nostri, piuttosto la gioia di aver finalmente ritrovato una squadra solida, attenta, concentrata. Lo chiameranno catenaccio, fortuna, o peggio ancora incapacità dell’allenatore di dare un “gioco” alla squadra, ma se si conosce un po’ la storia della Juve non ci si può non accorgere che sono poi quei dettagli che stabiliscono la differenza tra noi e chi gioca per partecipare o ricevere gli elogi sperticati dei media, salvo poi accumulare solo polvere nella bacheca a maggio.

La Juve che trionfa a Napoli per la seconda volta in 17 anni, non è perfetta, sbaglia una quantità industriale di passaggi, alcuni dei quali sanguinosi, però ha l’umiltà di capire il tipo di partita che deve provare a impostare per portarla a casa: “giocare più partite nella partita” come ama ripetere spesso Allegri. All’inizio l’impressione è quella di comandare il gioco, lasciando pian piano il pallino in mano al Napoli, per poi colpirlo con delle accelerazioni micidiali. Ed è infatti così che nasce il gol dell’1-0: Douglas Costa si porta a spasso Koulibaly e Albiol mentre Dybala porta palla e Higuaín attacca lo spazio lasciandosi almeno a 3 metri di distanza Mario Rui. Di lì a poco comincia un’altra partita. Il Napoli prova a esercitare il massimo dello sforzo, chiudendo la Juve nella propria metà campo, tanto da non riuscire praticamente mai a distendersi. Sembra un paradosso ma è proprio qui che i ragazzi di Allegri, sapendo soffrire e rimanendo stretti e compatti, costruiscono la vittoria: gli azzurri non trovano quasi mai la profondità, le linee di passaggio sono sempre chiuse per gli inserimenti di Hamsik e Allan e anche il classico movimento a tagliare di Callejon viene letto in maniera impeccabile da Asamoah. E così in poche mosse, il tanto decantato bel gioco comincia a latitare. Ai Sarri boys non rimane che affidarsi a qualche conclusione da fuori di Insigne e a qualche cross dalle fasce che finiscono per essere sistematicamente preda ad appannaggio di Benatia e Chiellini. Certo, presi singolarmente i nostri non sembrano brillare: Pjanic e Khedira fanno mica poca fatica, Matuidi a sinistra sembra un po’ fuori dal gioco, però la squadra dà l’impressione di esserci, di lavorare ai fianchi un Napoli che non è mai in grado di cambiare leitmotiv della partita e un dato indicativo è proprio il possesso palla: a fronte di una media prossima al 70%, le azioni più nitide le crea la Juve, dapprima con le due di Higuaín (gol compreso) e poi con quella di Matuidi. In altre parole, i nostri con pochi palloni giocati nell’area avversaria riescono a essere pericolosissimi, mentre gli avversari non sanno cosa farci. E l’impressione è che senza tutti quei palloni buttai al vento perché troppo lunghi, troppo corti, per un controllo totalmente errato, si sarebbe potuto maggiormente fare male agli avversari.

Ma fortunatamente a far male agli avversari ci ha pensato Higuaín. Lui che non doveva nemmeno giocare, che si è operato alla mano qualche giorno fa, si è caricato a suon di fischi già nel riscaldamento e dopo il gol ha guardato il pubblico e si è toccato l’orecchio come a dire “fischiatemi di più, non vi sento”.  E il San Paolo mostra di patirlo a tal punto da esultare quando incespica. Ma più lo fischiano, più lo dileggiano, più il centravanti si fa in 4 per la squadra. Il Pipita ha trovato poi in Douglas Costa e Dybala due supporter validissimi: se il connazionale tornava a ripulire e ricamare palloni per la transizione offensiva, il brasiliano è stato autore di una partita pazzesca. Oltre al movimento sul gol, è stato utilissimo in copertura e in più si è fatto praticamente tutto il campo per 79 minuti. Una nota di merito la meritano sicuramente anche Asamoah e Benatia; il Ghanese ha sì latitato in fase offensiva, ma dietro non ha praticamente concesso nulla. Il marocchino invece si sta ergendo ad autentico baluardo difensivo. Se gli infortuni allenteranno la presa, in difesa potremmo acquisire una certezza.

Peccato solo che il tempo per festeggiare sia limitato, ma d’altronde siamo entrati in quel mese che tanto dirà sul futuro di questa stagione: martedì l’Olympiakos per il passaggio agli ottavi e poi in casa la sfida con l’Inter sabato concludendo con la Roma il 23 dicembre. Insomma, siamo davvero solo all’inizio.

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