Tutto bene quel che finisce bene: il precampionato, per dire. Perché, malgrado la burocratica notazione del calendario, questo trittico è stato per tutti e in tutto calcio d’agosto, per la condizione precaria, le intese approssimative, le formazioni abbozzate. Sicché non sembra il caso di trarre auspici o svolgere analisi con pretesa di attendibilità. Certo c’erano i punti in palio, e la Juve li ha fatti tutti e nove, offrendo un assaggio di tutto: i lustrini e le paillettes di una rosa ricca e di alta qualità tecnica; i momenti di torpore e le rimonte rabbiose; la convivenza tutta da calibrare fra istinti offensivi e necessità difensive. A Parma per esempio, dopo un gol-lampo di un Mandzukic sempre lucido, abbiamo giostrato bene davanti ma nel primo tempo concesso incresciosi buchi centrali, distorcendo il 4-3-3 teorico in un 4-2-4 effettivo, con Matuidi ala aggiunta e due terzini all’arrembaggio, rischiando quasi più del non poco costruito. Nella ripresa qualche accorgimento (un Sandro più cauto, un Matuidi meno anarchico) e abbiamo avuto respiro, e vinto. I difetti sembrano perlopiù i vecchi, davanti non si concretizza abbastanza, la gestione non è sempre fluida, ma l’autonomia media della squadra supera di poco l’ora, ora e dieci: oggi, ci sta. La stagione inizia veramente il 15, e penso sarà soprattutto la partita di Valencia a dare il tono in termini di assestamento psicologico fra le due pulsioni cui accennavo, e a orientare le scelte di assetto. Fermo restando che la profondità della rosa andrà sfruttata e ci sarà spazio per tutti: ma c’è tanto lavoro da fare perché possiamo vivere confortevolmente all’altezza dei nostri (notevoli) mezzi. E Ronaldo? Ronaldo si sbatte e si arrabatta, ha avuto un andamento curioso, mai brillante e mai negativo, sostanzialmente però in calando da Verona a Parma. Forma e intese verranno, per ora gli manca la ferocia realizzativa che lo contraddistingue, ma un’inconfutabile e voluminosa statistica ci dice che arriverà. Gli altri singoli: poco sicuro Szczesny, distratto e sfocato Bonucci e per contagio affannato Chiellini; Cuadrado, come già Cancelo, è un’ala e quindi va bene in proiezione ma non sa difendere: molte strade passano dal loro crocevia e dai loro progressi tattici, ma era giusto sperimentare (e fargli fare gli errori inevitabili) ora. Sandro in versione fratello intelligente, bene Manzo, Matuidi anarchico ma d’impatto; Pjanic ancora in rodaggio, Khedira oggi francamente impresentabile, per la famelica gioia dei detrattori; Bernardeschi dura un tempo, Costa ribaltonista sopraffino, il che paradossalmente in questo momento della stagione lo condanna alla panchina iniziale. Il Parma ci mette tanto impegno, la tigna di Inglese, le solite fiammate di Gervinho che dureranno poco ma sul momento fanno effetto, e in generale comunque appare più dignitosa, ad esempio, di un Bologna o di uno stesso Chievo. D’altronde, con buona pace dei teorici da tinello, la serie A è difficile e va vinta sulla distanza. Quel che non cambia mai, quale che sia la fase del campionato, è il rapporto di proporzione inversa fra falli subiti e cartellini ricevuti: consoliamoci con il silenzio del VAR. Gli auspici alla fin fine restano ottimi, meno l’umore, al pensiero della pausa per la nazionale e al riaprirsi dei fascinosi dibattiti sulla leadership di Insigne, sul magistero tattico dell’Uomo Che Vince Sempre, sull’appassionante scontro sovranisti/mondialisti circa la fascia di capitano a Balotelli. Dite la verità, non vedevate l’ora.