Connect
To Top

Parma-Juve: trollali, trollali tutti!!!

In attesa di Parma-Juve, Allegri ci ha regalato l’ennesima conferenza stampa scoppiettante. Confesso che ho sorriso molto nell’ascoltarlo; a un certo punto ho perfino pensato che, conscio di quello che gira sul web, ci stesse trollando tutti. E ho riso con ancora più gusto. Già, perché a me Allegri diverte molto. È saggio, arguto, scanzonato, con una notevole dose di autoironia e ha capito che ha un solo modo per uscire indenne dalle conferenze stampa: trollare tutti.

Ma, in mezzo alle facezie, ha piantato alcune clavate in fronte ai più duri di comprendonio, che meritano di essere riprese e sottolineate.

Nel calcio contano due cose: una è il campo, che è quel rettangolo verde dove bisogna correre, che non è indispensabile ma aiuta, e vincere la partite. Tutto il resto sono chiacchiere che giustamente vengono fatte, ma che a me non mi devono riguardare, ma non a me, a tutti gli allenatori. Io ho una responsabilità che è quella di dover portare… di dover mettere i giocatori nelle migliori condizioni… di cercare di portare alla società dei risultati e fino ad ora in qualche modo ci siamo riusciti”.
Purtroppo, il calcio moderno è questo. La Juventus è una S.p.A. quotata e DEVE produrre risultati, economici e sportivi in egual misura. Tanto per capirci, i 150 milioni di euro del market pool della UCL sono divisi in questo modo: 40% alla società campione, 30% alla seconda classificata, 20% alla terza e 10% alla quarta. Ogni posizione inferiore alla prima, quindi, costa alla società circa 15 milioni: soldi, non pugnette.
L’allenatore di conseguenza ha un mandato ben preciso, con una delega ben precisa e le sue prestazioni vengono valutate sulla base di quel mandato: quello deve fare. La sua riconferma, il suo posto di lavoro, il suo futuro, sono legati ai risultati: è “incentivato” (premi) e “costretto” (esonero) a produrre risultati. Cosa dovrebbe fare, di diverso?
Per lui, come per tutti gli allenatori (!), ottenere dei risultati è una condizione necessaria e sufficiente: fare un “bel gioco” invece non è sufficiente né necessario. Se c’è, meglio, se non c’è, pazienza. Non dico che mi piaccia, che sia giusto, che sia sbagliato o che dovrebbe essere (meglio) in un altro modo: è così. Come quando piove: piove e basta. Se non volete bagnarvi, anche se è un fastidio, anche se non è giusto, anche se il sole sarebbe meglio, dovete uscire con l’ombrello. Oppure stare in casa.

Tema “formazione”. Emre Can o Khedira?  “O lui o Khedira. Uno dei due gioca“. Apperò. Difesa? “Il dubbio sulla destra è tra Cuadrado e Cancelo. Il resto della difesa rimane uguale“. Emre Can? “È solo una questione di adattamento al nuovo campionato, e poi viene da un infortunio di quattro / sei mesi, dove ha bisogno di recuperare, dove ha bisogno di giocare, dove ha bisogno di trovare il ritmo“. In attacco c’è la possibilità che CR7 vada in panchina? “Lui e Mandzukic giocano. Il terzo decido. O il terzo e il quarto. Dipende“. Insomma, la saga dell’ovvietà. Parlare tanto per non dire nulla.
“Uno dei giocatori che a te piace di più è Khedira, ed è anche uno dei giocatori che spesso viene criticato dai tifosi, a volte anche dai critici. Perché Khedira è così fondamentale?” “Non c’ho da di’ niente. Mi convincono loro quando lo criticano. Khedira è uno dei pochi giocatori che ha giocato con tutti gli allenatori che ha avuto. Allora, o tutti gli allenatori capiscan niente (avete notato che quando gli scappa la frecciatina, prende un’inflessione dialettale?), o forse sarà il contrario. Ora faccio una battuta: (pausa scenica) in tanti guardan le partite, ma ‘n pochi le vedono“. Segue una lunga pausa di silenzio, in cui rimane fermo con le braccia aperte, con l’aria quasi sconsolata, affinché il messaggio arrivi bello chiaro: siccome è evidente che non capite un cazzo di calcio, che me ne deve fregare della vostra opinione?
Ma prima che l’atmosfera diventi troppo pesante, ecco un bel sorriso, un aneddoto e amici come prima. “C’era un mio ex presidente, Romeo Anconetani, mi ricordo quando diceva sempre “oggi sei sceso in campo o hai giocato?” È uguale.” Tra “scendere in campo” e “giocare a calcio” passa la stessa differenza che c’è tra “guardare” le partite e “vederle”.
A ogni modo. Confesso che ho sempre trovato poco interessante il dibattito sulla formazione. Gioca questo, gioca quello… per me è uguale. Il calcio è uno sport di squadra: per me, gioca la Juventus. Undici devono andare in campo, undici mettono la maglia bianconera, undici giocano. Quali che siano mi è indifferente. Vince la squadra, non il singolo giocatore. Se si vince, ha davvero importanza chi ha giocato? Non credo. Almeno, secondo me non dovrebbe avere importanza.
Eppure ci sono 3 giocatori, nella Juve, che non riscuotono il consenso di una parte della tifoseria; tre giocatori (su tutti), per cui non si riesce a capire il motivo per cui Allegri insista a schierarli. A maggior ragione perché sembra ci siano dei compagni “più bravi”, che “meriterebbero” maggiormente il posto: questi tre giocatori sono Matuidi, Khedira e Mandzukic. Siccome non si riesce a dare una spiegazione del perché meritino di giocare loro e non altri, ci si inventano motivi fantasiosi, tipo “è simpatico all’allenatore”.
Ebbene, ve lo voglio svelare, il motivo è proprio questo: davvero giocano perché sono simpatici ad Allegri (e a tutti gli altri allenatori che hanno avuto in passato, per inciso). Allegri è pagato per mettere la squadra in condizione di vincere le partite; per farlo, deve schierare i giocatori più funzionali a vincere le partite; se questi gli fanno vincere le partite, non dubito che gli risultino particolarmente simpatici. Ergo, incredibilmente, li fa giocare.
Al di là di questa facezia, ci sono dei motivi tecnici. Primo su tutti, questi 3 giocatori sono accomunati dal fatto di svolgere quello che una volta veniva definito “il lavoro oscuro”. Il lavoro “oscuro”, per definizione, è “quello che non si vede”: copertura degli spazi, inserimenti senza palla, movimenti complementari e funzionali a quelli dei compagni.
Questo tipo di giocate non richiede un gesto tecnico col pallone e spesso sono finalizzate al fatto che altri giochino meglio il pallone: è per questo motivo che non vengono notate.
Sono certo che tutti hanno notato il movimento di Cancelo nel secondo gol segnato dalla Juve contro la Lazio, ma in quanti hanno notato il movimento coordinato di Khedira e Douglas Costa? La corsa profonda di Khedira, che si porta dietro il marcatore, liberando la fascia per Cancelo, e poi va in area a creare superiorità numerica? Se Ronaldo non avesse sbagliato il gol, in quanti avrebbero notato l’ennesimo inserimento di Mandzukic sul secondo palo? Diciamo che l’avrebbero notato “in pochi”?
Eppure, gli inserimenti di Mandzukic sul secondo palo sono tanto frequenti quanto efficaci. Nel gol di Pjanic è Mandzukic a rimettere in mezzo il cross di Bernardeschi. A Madrid Mandzukic segna due gol, inserendosi sul secondo palo. Per dire.
E a proposito di schemi, dall’altra parte è Cuadrado che fa spesso questo stesso movimento: sono certo ricorderete le molte occasioni da gol create dal colombiano in questo modo. Questo movimento di aggredire la porta, ad esempio, è una cosa che Douglas Costa non fa praticamente mai.
Un problema che spesso si crea quando giocano Douglas Costa e Dybala è che nessuno due aggredisce l’area, così la punta rimane troppo sola e in inferiorità numerica all’interno dei diciotto metri. Chi è il giocatore che fa più inserimenti in area senza palla, al solo fine di creare superiorità numerica? Matuidi. Che è goffo, sgraziato, corre tanto e fa solo giocate semplici, ma è utile anche per questo. Oltre a coprire un’ampia porzione di campo: talmente ampia che nessun altro è in grado di coprire. L’altro giocatore che si inserisce con continuità in area, creando superiorità numerica e facendo gol (9 la scorsa stagione) è proprio Sami Khedira. Oltre ad avere una sapienza tattica fuori dal comune, unica nel suo genere.
E veniamo a un altro dei motivi per cui questi tre giocatori giocano così spesso. “Di fianco a un bravo schiacciatore mi serve un bravo alzatore. E dietro mi serve un bravo ricevitore, anche se non schiaccia bene. Una squadra di 6 schiacciatori è inutile.” Parole e musica di Julio Velasco, il quale spiegava poi che una squadra che funzioni ha bisogno che i componenti abbiano caratteristiche diverse e complementari: tradotto al calcio, di fianco a un giocatore bravo tecnicamente ma un po’ statico ci va uno molto dinamico;  di fianco a un giocatore molto dinamico ma un po’ anarchico ci va uno che copra i buchi; di fino al “libero” ci metto un marcatore puro, anche se magari non è tecnicamente eccelso; se metto un’ala che fa i cross, devo avere qualcuno che vada in area a riceverli; se faccio una squadra di piccoletti, sarò in difficoltà su ogni calcio d’angolo o di punizione, e viceversa; e così via.
Una squadra non si costruisce solo assemblando i ruoli, ma anche assemblando le diverse caratteristiche tecniche.
E state tranquilli che se Allegri avesse un giocatore con il dinamismo di Matuidi e la tecnica di Douglas Costa, lo farebbe giocare di sicuro.
Allegri, con una lucidità che manca ai più, fa quello che deve fare: schiera i giocatori che ritiene più funzionali per vincere. Il risultato è la prova del nove che le sue scelte sono “corrette”: forse non “ontologicamente”, ma di certo sono “funzionalmente” corrette. Finché vince, e siccome vince, ha ragione lui.
Il campionato è difficile e vincere le partite non è semplice. Noi l’abbiamo provato a Chievo, che dopo aver fatto un primo tempo… diciamo… bellino, divertente, però al 7^ del secondo tempo stavamo perdendo 2-1. E quindi… quindi bisogna cercare di vincere. Poi dopo, ad essere bellini e non vincenti ci vuole poco“.
Parliamoci chiaro: stiamo qui a disquisire del “bel gioco” perché la Juventus vince. Negli anni bui di queste disquisizioni non c’era traccia, e sono pronto a scommettere che se la Juve non vincesse, tutti torneremmo a preoccuparci solo del risultato. Ma ci sta, è normale; basta non perdere la consapevolezza che “giocare per vincere” e “giocare per lo spettacolo” sono due cose ben diverse. Non necessariamente incompatibili, ma spesso è necessario sacrificare una sull’altare dell’altra.
Per quanto mi riguarda, se dovessi scegliere, non esiterei un attimo; chi invece mi dice che sacrificherebbe il risultato sull’altare del bel gioco, l’avrei voluto vedere al 7^ della ripresa della prima giornata di campionato. Immagino la gioia perché la Juve era bella e divertente…
A Chievo avevamo tutte le statistiche al posto giusto: dal possesso palla alla precisione nei passaggi, fino al dominio territoriale. Però il gol l’aveva segnato Khedira, su palla inattiva. Però la catena di destra funzionava male, e non è un caso che sia il gol del pareggio che il rigore clivense siano arrivati da quella parte. Cuadrado esce molle su Giaccherini, che ha tutto il tempo di guardare in mezzo all’area e crossare; Bonucci perde la marcatura di Stepinski a centro area e la frittata è fatta. A difesa schierata. Il secondo gol è una cazzata sesquipedale di Cancelo: prima si fa scavalcare dal cambio campo perché è troppo distante dal suo avversario, oltre ad avere una postura sbagliata che gli impedisce di raggiungerlo prima che controlli il pallone (e l’ha rifatto uguale con Lulic la partita dopo), quindi commette un fallo stupido e gratuito che causa il rigore, mentre doveva solo temporeggiare e accompagnarlo a fondo campo.
Purtroppo, il calcio è un gioco di “episodi”: un marcatura persa o un rigore gratuito valgono quanto e più di un bel dribbling.
Così Allegri cambia: fuori Cuadrado e Douglas Costa, dentro Mandzukic e Bernardeschi. La Juve diventa più quadrata, copre meglio le fasce, aggredisce meglio l’area e i due innesti vanno in gol. Minimo bisognava leggere elogi sperticati ad Allegri e a questi giocatori, che han salvato la Patria; e invece…
Con la Lazio Allegri ripropone (giustamente, vista la prestazione) Mandzukic e Bernardeschi: cross di Bernardeschi, Mandzukic sul secondo palo rimette in mezzo di testa, Pjanic raccoglie la respinta al limite dell’area e segna. Come ho già detto prima, riguardate il secondo gol: Khedira attacca il primo palo, CR7 a centro area, Mandzukic va sul secondo: i difensori della Lazio sono in inferiorità numerica (grazie all’inserimento di Khedira) e Marione la mette. Già perché il calcio è un gioco di squadra: senza l’inserimento di Khedira, ciascuno dei difensori laziali avrebbe avuto un solo giocatore juventino da marcare, rendendo più difficile creare l’occasione da gol con il cross; se al posto di Mandzukic ci fosse stato un giocatore meno avvezzo ad attaccare la porta, quella palla vagante trasformata in gol sarebbe stata respinta dai difensori, il punteggio sarebbe rimasto di 1-0 e la Lazio avrebbe potuto tentare il tutto per tutto nel finale. Così, invece, partita chiusa.

La cosa incredibile, che non mi spiego e di cui non mi capacito, è perché si debba sclerare perché giocano due che hanno messo lo zampino nella maggior parte delle azioni concluse in gol dalla Juve; perché da più parti si chieda di mettere in panchina i due giocatori più decisivi (nel bene) di questo inizio di stagione. Io, boh.

Quando smetterò, mi dovranno spiegare -perché non lo capisco molto bene- cosa vuol dire “giocare bene”. Poi dopo, se vogliamo divertirsi, come dico sempre, possiamo giocare tranquillamente a divertirsi. Poi dopo si innesca il meccanismo, dice sì, però non si vince… […] perché poi l’anno scorso se non sbaglio siamo stati il secondo o terzo attacco del campionato. Abbiamo fatto 89 gol, quindi anche lì… che poi giocare bene è un filo talmente sottile che è difficile anche da spiegare. Io non lo capisco, poi ci son quelli bravi che lo capiscono e magari, quando smetto di allenare, me lo spiegheranno. […] E comunque, per vincere ci vogliono i giocatori bravi. Perché altrimenti, come dico sempre, le società non spenderebbero 100 milioni per Ronaldo, o per Dybala, o per Messi, e tutti i giocatori sarebbero uguali. Siccome di uguale nella vita ‘n c’è niente, va bene, a giocare a calcio per vincere servono i più bravi“. Lui non lo sa, ma intanto fornisce la ricetta perfetta: 1) per vincere ci vogliono i giocatori bravi; 2) bisogna creare tanto 3) subire poco. In pratica, la definizione di “giocar bene” e la funzione dell’allenatore condensate in pochi passaggi: un mister deve mettere la squadra nelle migliori condizioni per vincere (se crei tanto e rischi poco, le partite le vinci quasi tutte), ma una volta che un giocatore si trova davanti al portiere, è la qualità che fa la differenza.

Non so se questa sia l’essenza del bel gioco: certo è l’essenza del giocar bene, del giocare per vincere.
Tutti gli allenamenti di Allegri, le sue tattiche, gli schemi, i giocatori scelti, i cambi durante la partita e ogni stilla della sua energia non sono finalizzati a fare un gioco divertente, bensì ad allenare la squadra per vincere: quello gli si chiede, quello deve fare.

Cambierà mai? Improbabile. Nè si capisce perché dovrebbe farlo: lui è contento, il suo datore di lavoro è contento, i suoi giocatori sono contenti, i tifosi (molti) sono contenti (e sarebbe comunque impossibile accontentare tutti). Dovrebbe cominciare ad allenare la squadra ad essere “bella”? Dirottare in tal senso parte delle energie della squadra? Ne vale davvero la pena?

In attesa di avere una risposta a questi quesiti esistenziali pensiamo a vincere a Parma, perché a essere bellini e non vincenti ci vuole un attimo.

 

PS. Lo so che passare da un preparatita di Salvador al mio è uno shock. Lo è anche per me. Anch’io avrei preferito leggere lui; ma siccome c’aveva judo, ci tocca così. Salvo torna presto, questa casa aspetta te!

7 Comments

Lascia il tuo commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Campionato

  • È davvero solo colpa di Allegri?

    Eccoci qui, al terzo anno consecutivo, a cercare di capire dove arrivino le colpe e i meriti della squadra e dove...

    Francesco Di Castri20 Settembre 2021
  • Juventus-Fiorentina, un commiato

    Il campionato di Serie A 2020/21 perde oggi ogni barlume di credibilità e, come scritto a ottobre, smetto di occuparmi di...

    Giuseppe Simone22 Dicembre 2020