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Piccoli assalti fra amici

Ero bambino e quello che mi appresto a raccontarvi è una delle poche cose che ricordo di quell’età. Oltre tutto è un ricordo che mi fa male far riaffiorare, come tutti i ricordi legati a mio padre che ho perso da ragazzino. Più di 30 anni fa (quanto “più” lasciamo perdere …) mio padre decise di portarmi a Palermo, alla Favorita. Veniva la Juve, sapeva della mia passione per quei colori e volle farmi un regalo. Oltre tutto anche a lui non dispiaceva certo tornare a rivedere il rosanero dal vivo. La mia famiglia, seppur originaria di Palermo, non viveva nel capoluogo siciliano, ma a circa un centinaio di chilometri. Fu una specie di gita, partimmo la mattina e tornammo la sera: una giornata ricca di emozioni, seppur non tutte positive.

Non ricordo che tipo di partita fosse, se un’amichevole precampionato o un turno di coppa Italia, ma poco importa. Della partita non ricordo nulla. Ricordo l’impressione che mi fece lo stadio, seppur non ancora rinnovato con i lavori di Italia ’90 ma comunque imponente rispetto alle modeste dimensioni del mio stadio di paese. Ricordo la moltitudine di persone, ovviamente non avevo mai visto tanta gente insieme. Il Palermo era seguito, in quegli anni mi sembra fosse stabilmente in B e, oltre tutto, quando la Juve in Sicilia ha sempre significato “stadio pieno”.

Ricordo i rumori, che mi parvero assordanti. Ricordo le raccomandazioni di mio padre di tenere a bada la lingua. Ma il ricordo più vivido, più netto, fu una sequenza di immagini durata circa 15 minuti che, probabilmente, hanno poi segnato il mio rapporto con il calcio e il tifo per la Juve. Andammo in tribuna ed io ero affascinato da tutto, continuavo a guardarmi attorno. A poca distanza da me c’era un altro bambino, penso addirittura più piccolo di me, con una bandierina della Juve. La mostrava orgoglioso e divertito. Un pò lo invidiavo, ma non mi permisi di lasciarlo a vedere; consideravo già un privilegio esser lì. Ad un certo punto, credo la partita fosse iniziata da poco, ci accorgemmo di un piccolo parapiglia a poca distanza da noi. Una decina di persone (!) si avvicinarono a quel bambino pretendendo la consegna della sua bandierina. Il bimbo piangeva, il padre cercava di dissuadere quei facinorosi dal loro intento. Non ci fu niente da fare, il trofeo di guerra dovette essere consegnato. Non ci furono atti di violenza, ma immagino solo per il buon senso di quel padre che lasciò loro portar via il “giocattolo” del bambino.

Non riuscii più a seguire la partita. Seguii invece i movimenti di quel gruppo di persone e come me tanti altri, in effetti. Quel gruppetto di persone erano ultras che tornarono in curva (poi si capì che da lì venivano e che avevano scavalcato i separatori fra i diversi settori dello stadio) e lì bruciarono la bandierina al centro della curva stessa. Questa cosa mi lasciò sconcertato. Non è un modo di dire. Alterò la spiegazione che davo alle cose, almeno nel calcio. Un bambino si dà e pretende rapporti di causa/effetto semplici. Non ne trovai. Non chiesi nulla, ma percepii l’imbarazzo di mio padre e probabilmente il suo dispiacere nell’avermi fatto assistere a questo “spettacolo”. Non tornammo più alla Favorita.

Dopo il ritorno in A del Palermo di Zamparini, sono tornato più volte a Palermo. Non sono mai andato nel settore ospiti, ho sempre visto la partita con massima tranquillità scherzando con chi avevo accanto della mia juventinità siciliana e commentando i gesti tecnici da un lato e dall’altro. Seppur in modo “rispettoso”, ho sempre mostrato la mia gioia per i gol della Juve. Lo scorso anno ho portato mio nipote, dieci anni circa e gobbo fiero già da ora, con sciarpa in bella mostra sia dentro sia fuori dallo stadio. Panino con le panelle con regolare sfottò del panellaro e di chi, strada facendo, ci invita ad educarlo meglio. Tutto detto sempre con il sorriso sulle labbra. Zamparini, che non stimo, ha però fatto tanto nel campo della sportività e del rispetto delle tifoserie avversarie. Il presidente rosanero, bisogna dargliene atto, ha attuato una sorta di tolleranza zero verso qualsiasi atto di violenza. Che mi risulti, non succede nulla da anni a Palermo.

Perchè ho voluto scrivere questo post? perchè sono siciliano, sono juventino e perchè sono imbarazzato da quanto accaduto, per l’ennesima volta, a Catania fuori dal campo. Perchè voglio ricordare quanto spesso sia difficile tifare Juve lontano da Torino e che lo è sempre stato. Perchè, solo riferendosi all’attuale campionato, quanto successo a Catania è già successo e con ogni probabilità succederà ancora (scommettiamo?). Ma anche perchè certe fatti incresciosi possono essere evitati. In primo luogo ad opera dei principali attori del calcio (i presidenti, i dirigenti, gli allenatori ed i calciatori stessi, rigorosamente in ordine di responsabilità decrescente) che in tal senso dovrebbero offrire esempi virtuosi e messaggi chiari, non occasioni e pretesti per incendiare gli animi. Non è vero, caro “Jè ‘no scandalo”?

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