Premessa doverosa: l’anno scorso, dopo la tranvata interna col Real, ero fra quelli che suggerivano, al Bernabeu, di accordarsi allo scambio dei gagliardetti “noi non passiamo la metà campo e voi non infierite”. Poi andò come andò. Quindi, diciamo, non scrive un cuor di leone. Però, a fronte dei proclami rituali sul “la ribaltiamo!”, della sospetta benevolenza con cui molti osservatori danno il ritorno “apertissimo”, e da ultimo della perentoria affermazione di Lucianone Moggi “la mia Juve ne ha ribaltate tante”, è venuto lo sghiribizzo di compulsare gli archivi e di vedere quante volte, nella sua tormentata storia europea, la Juve ha rimontato uno 0-2 esterno. Risposta: mai.
Va detto, a maggior disdoro della disfatta di mercoledì scorso, che l’evento non è frequente: i precedenti infatti sono solo 5.
Il primo in semifinale di coppa dei campioni 67-68, contro un avversario obiettivamente superiore, il Benfica di Eusebio, Coluña & c., che dopo l’agevole successo dell’andata venne infatti a vincere anche a Torino (1-0), per poi perdere la finale con lo United di Bobby Charlton. Nel 73-74, finalista l’anno prima contro l’Ajax di Crujiff, la Juve si presenta alla partenza contro la plumbea Dinamo Dresda, e arriva l’inopinata sconfitta; al ritorno, malgrado l’insolito evento di un gol di Furino in apertura, la Juve fa sì i 3 gol richiesti ma ne incassa due, ed esce subito. Due anni dopo, sempre nella massima competizione, eliminato il CSKA di Sofia ci imbattiamo nel Borussia Mönchengladbach, formazione non solo impronunciabile ma all’epoca fortissima: che infatti all’andata ce le suona, coi gol di un tal Jupp Heynckes che ci darà altri dispiaceri in una diversa veste, e dell’asso danese Allan Simonsen. Al ritorno una Juve ultra-offensiva gioca una gara gagliardissima per un’ora e coi gol di Bobo Gori e Bettega pareggia il conto; ma Danner e di nuovo Simonsen, dopo una ridda di palle-gol mancate dai nostri, battono uno Zoff in rarissimi pantaloncini bianchi, e ci mandano a casa. Il Borussia uscirà ai quarti con un doppio pareggio col Real, e la coppa andrà al Bayern.
Un salto di trent’anni ed eccoci al 2005-2006, anno di grandi ambizioni europee frustrate: dopo la ultra-rocambolesca qualificazione col Werder Brema troviamo l’Arsenal, che a Londra ci pialla col proverbiale risultato all’inglese, che gli sta pure stretto. Il ritorno è introdotto dalla famigerata (e giustamente sbeffeggiata) dichiarazione “Attaccheremo fin dal tunnel degli spogliatoi”, pronunciata da Fabio Capello che intanto, la partita prima, schiera gli affaticati titolari contro il temibile Treviso, peraltro per pareggiarci 0-0. Quanto agli spogliatoi, sono effettivamente il luogo in cui inizia e finisce l’assalto della Juve, che in campo viceversa non si presenta, consentendo ai Gunners un comodo 0-0 animato solo da un intervento omicida di Pavel Nedved con relativa espulsione.
Infine, abbastanza fresco, l’impari confronto fra il super-Bayern 2012-2013 di (toh!) Heynckes e la spigliata ma immatura Juve di Conte, che ne becca 2 di là (la prima dopo 20 secondi) e 2 di qua, senza di fatto essere mai stata in partita.
Per inciso, la Juve ha ribaltato una sconfitta all’andata 16 volte, una proprio con l’Atletico nel 64, all’insegna del 3-1, subìto, reso e replicato nello spareggio: ma, appunto, questi 16 risultati erano o 1-0 o sconfitta con gol. Per trovare l’unico caso di rimonta di uno 0-2 tocca rivolgersi alla coppa Italia, e segnatamente alla finale 82-83: all’andata il Verona di Bagnoli ci infligge infatti l’ormai noto passivo ad apparente completamento di una stagione per noi da incubo (scudetto Roma e beffa di Atene), ma al ritorno la riacchiappiamo con Pablito e Michel ed è sempre Platini, all’ultimo minuto del 2° supplementare, a darci il 3-0 e il trofeo.
Direte che c’è sempre una prima volta: è ciò a cui ci possiamo attaccare; sperando di non doverci (come di frequente) attaccare ad altro.
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