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Roma – Juventus 0-0 : I magnifici 7

Finalmente è finita!
Mancava solo l’ufficialità data dall’aritmetica, la certezza che anche un improbabile crollo in casa contro una squadra già retrocessa non compromettesse il tutto (avete mai visto una squadra lanciata verso lo scudetto perdere in casa alla ultima / penultima giornata contro una squadra già retrocessa? No dai, non esiste, è impossibile…) per tirare l’ultimo, definitivo e sacrosanto sospiro di sollievo.

È uno scudetto diverso dagli altri, più sofferto, più tirato, più nervoso, quasi isterico, con tutta l’Italia calcistica non juventina pronta a festeggiare una vittoria del Napoli.
È uno scudetto che non dovevamo vincere, perché doveva certificare per l’ennesima volta che rubavamo, da sempre.
È uno scudetto che abbiamo capito subito quanto sarebbe stato difficile vincere, già alla prima giornata quando un rigore assegnato al Cagliari con La VAR venne salutato dal popolo calcistico italico come una ventata di aria fresca, una rivoluzione, un segno del cambiamento.
È uno scudetto che comunque capimmo subito che avremmo potuto vincerlo lo stesso, quando Buffon parò quel rigore assegnato con La VAR.
È uno scudetto giunto al termine di un campionato che è stato bellissimo, equilibrato e pieno di colpi di scena fino alla prima giornata del girone di ritorno: 17 partite dove La VAR o rimaneva spenta a favore della Juve o si accendeva quando c’era da dare qualcosa contro.
Poi quel mani di Bernardeschi ha cambiato tutto e siamo tornati ad essere la solita Rubentus, il campionato è tornato a essere falsato e da lì si sono toccati livelli di isteria collettiva di notevoli dimensioni. Si cambia tutto per non cambiare niente, siamo o non siamo il paese del Gattopardo?

È uno scudetto pazzesco, perché a volte anche noi tifosi bianconeri siamo così affamati di vittorie e così desiderosi di guardare in avanti alla prossima sfida che ci dimentichiamo di quanto abbiamo fatto finora: un po’ aveva ragione Conte nel suo primo anno quando diceva “Non dimenticatevi che questa squadra viene da due settimi posti”.
Non c’entra niente con oggi, intendiamoci, ma ogni tanto guardiamoci indietro, guardiamo agli ultimi 7 anni e pensiamo a quanto sia stato mostruoso e impressionante il rendimento di questa squadra.
Fino a pochi anni fa era impensabile vincerne 3 di fila, già 2 era un gran risultato.
Poi siamo arrivati noi, all’indomani di quello scudetto vinto dal Milan dopo i 4 consecutivi dell’Inter.
Prima uno, poi due, tre, quattro, cinque, sei e ora sette.
Tutti scudetti sudati e conquistati sul campo, partita dopo partita, cambiando schemi, moduli, anima, giocatori ma sempre con quella fottuta determinazione di fare un passo in più degli altri.
Quando si vince si festeggia, quando si perde ci si incazza ma il giorno dopo si cerca di capire dov’è stato l’errore e nessun alibi, solo così si può migliorare e cambiare rotta.
Tutto questo per 7 lunghissimi anni, con una concentrazione sempre al massimo, con le partite in trasferta diventate ormai una bolgia dappertutto, con un pubblico delle grandi occasioni desideroso di assistere all’impresa della propria squadra che ferma la maledetta Juventus.

È uno scudetto ancora più pazzesco perché, come dicevo prima, mai come quest’anno avevamo una nazione intera contro.
Sempre pronta a passare sopra agli errori che potevano ostacolarci, sempre pronta ad augurarsi la nostra sconfitta, sempre pronta a vomitarci addosso le peggiori offese in caso di errori a favore nostro.
Uno scudetto vinto contro una squadra e una tifoseria che per una stagione intera c’ha stuzzicato, c’ha rotto le scatole con lamentele e piagnistei di tutti i tipi e alla fine, dopo aver vinto in casa nostra lo scontro diretto, si è sciolta come neve al sole.
Ce ne sarebbero da dire tante, ma c’ha già pensato Giorgione Chiellini a rimettere in riga mezzi giocatori come Insigne, basta e avanza.

È uno scudetto speciale e bellissimo perché, se negli anni scorsi la squadra è sembrata una macchina da guerra impressionante sfiorando la perfezione (si pensi a quello dei 102 punti o a quello di 2 anni fa dopo Sassuolo quando pareggiammo solo 2 partite dopo quella sconfitta vincendo tutte le altre), quest’anno è sembrata molto più umana: imprecisa, imperfetta, incapace per molto tempo di esprimere un gioco brillante, lenta, macchinosa, farraginosa, con giocatori stanchi o perennemente infortunati, nervosa e chi più ne ha più ne metta.
Una squadra quasi vittima di se stessa, impaurita e scarica negli ultimi minuti contro il Napoli in casa, che pareva stesse per sventolare la bandiera bianca.
Eppure, nonostante tutto, era sempre lì, capace di piazzare zampate pesantissime dal nulla come a Roma contro la Lazio (dopo una partita oscena) o a Milano contro l’Inter (dopo una partita altrettanto oscena).
Perché alla fine, nonostante tutto, la voglia di vincere viene sempre fuori, perché davvero questo gruppo il motto bonipertiano “Vincere non è importante ma è l’unica cosa che conta” se è lo è tatuato dentro.
Il resto d’Italia continua a non capirne il senso prendendo fischi per fiaschi e infatti noi continuiamo a vincere.
Continuate così, vi vogliamo bene.

È uno scudetto bellissimo e commovente perché, in un modo o in un altro, siamo arrivati alla fine di un’era.
Sabato prossimo Buffon, Lichtsteiner, Asamoah e chissà chi altri giocheranno la loro ultima partita in bianconero.
Qualcosa, forse tanto, cambierà in questa squadra.
Questo scudetto è anche e soprattutto per loro, per gente come Lichtsteiner e Asamoah, due professionisti esemplari sempre pronti a dare il 110% per questa maglia, ma soprattutto per il Capitano che sabato si ritirerà dal calcio.
Sarà bello salutarlo con l’ennesimo scudetto, quello del record, ma sarà dura immaginare a un futuro senza di lui.

È uno scudetto bellissimo questo 36° nonché 7° consecutivo, giunto pochi giorni dopo la 13° Coppa Italia nonché 4° consecutiva.
Godiamocelo, ce lo meritiamo noi tifosi che abbiamo sofferto e se lo meritano quel meraviglioso gruppo di giocatori che indossano questa maglia bianconera.
La più bella del mondo.
Keep the faith alive e forza Juve!

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