Ci sono giocatori che ti restano nel cuore più di altri.
I miei primi ricordi calcistici risalgono al ’65 o giù di lì. Quindi, ho avuto il piacere di ammirare in bianconero diverse decine di campioni. A molti mi sono affezionato, vivendo poi il loro addio con inevitabile malinconia.
Salvadore, Haller, Bettega, Causio, Zoff, Gentile, Scirea, Platini, Zidane, Davids, Nedved, Trezeguet… per arrivare, dieci anni or sono, al saluto più coinvolgente e commovente (almeno per me, ma credo sia una sensazione condivisa da molti), quello di Del Piero.
Con la consapevolezza del fatto che la Juve c’era e vinceva già prima dell’arrivo di ognuno dei campioni citati e che ha continuato a esserci e a vincere anche dopo di loro.
Qualche giorno fa abbiamo salutato il nostro attuale capitano, Giorgio Chiellini.
Re Giorgio è il secondo calciatore della nostra storia per numero di trofei vinti: 20. Davanti a lui c’è solo Buffon con 23. A seguirlo ci sono Del Piero e Bonucci a 17, e Barzagli a 16.
Inoltre è l’unico nostro giocatore a essere sempre stato in rosa nella incredibile serie dei nove scudetti consecutivi. Sia Buffon sia Bonucci, per motivi diversi, ne hanno saltato uno.
Finito un ciclo? Probabile.
Con il saluto di Re Giorgio, finisce davvero un’epoca, anzi due. Eh sì, perché, oltre a essere (come detto) l’unico vincitore di tutti i nove scudetti consecutivi, lui era l’ultimo rimasto tra i giocatori arrivati alla Juventus nel periodo della Triade.
Tra l’altro, anche 10 anni fa con l’addio di Alex Del Piero se ne andò l’ultimo giocatore acquisito nel corso di una precedente gestione, quella bonipertiana.
La prima volta che ho sentito qualcuno fare il nome di Chiellini si trattava di Trapattoni. All’indomani del Mondiale 2002 (quello dell’arbitro Moreno, per capirci), il Trap era ormai allenatissimo alle polemiche che lo avevano accompagnato prima, durante e dopo il viaggio in Estremo Oriente per la mancata convocazione di Roberto Baggio.
Nel corso di un notiziario sportivo, al giornalista che gli chiedeva se stesse pensando di prendere finalmente in considerazione il divin codino rispose, con il suo consueto mezzo sorriso furbetto: “Certo, io i giocatori interessanti li seguo tutti. Baggio, come Cassano, come altri… come Chiellini”.
Non sapendo di chi si trattasse, non avevo dato peso alla cosa, anzi, l’avevo quasi dimenticata. Poi, in un tardo pomeriggio di qualche settimana dopo, su RaiTre un incontro della Nazionale under19 (o 20, boh…). Incuriosito dall’aver sentito nuovamente quel nome, ne guardai un pezzo, per vedere in azione l’oggetto delle attenzioni del Ct. Mi fece una discreta impressione, ma nulla di più. Un ragazzone lungo che correva sulla fascia sinistra senza fermarsi mai, non particolarmente elegante. Volenteroso e inesauribile ma con dei piedi (anzi, uno) non proprio fatati.
Poi, la Roma non riesce a riscattarlo dal Livorno, la Juve lo compra e lo dà in prestito alla Viola, viene alla Juve, vince il suo primo scudetto (che viene però assegnato per motivi di bottega all’Inter), finisce in serie B in compagnia di alcuni campioni del mondo e di un pallone d’oro. E lì trova ad allenarlo uno che campione del mondo lo è già stato come giocatore e una dozzina d’anni dopo lo sarà anche come allenatore.
Deschamps si rende presto conto di avere a disposizione una batteria non proprio eccelsa di difensori centrali (Boumsong, Kovac, Legrottaglie, Piccolo) e finisce per utilizzare, prima sporadicamente poi sempre più spesso, Zebina e Chiellini anche come centrali difensivi, riservando così le posizioni di terzino a Birindelli e Balzaretti.
Tocca poi a Ranieri, dopo il ritorno in A, utilizzarlo sempre più spesso (dopo l’infortunio di Andrade e la bocciatura di Criscito) come difensore centrale.
Il processo diventa irreversibile nel momento in cui, a fine novembre 2011, Conte inizia a schierare la difesa a tre. E nasce la leggendaria BBC, ovvero quella che diventa la miglior difesa in circolazione (non solo in Italia) per almeno 5-6 anni.
Barzagli è praticamente insuperabile nell’uno contro uno, anche nei confronti di avversari lanciati in campo aperto. Bonucci è un tempista quasi perfetto, oltre ad avere piedi adatti a costruire e ripartire. Chiellini è implacabile nella marcatura a uomo, oltre a essere difficilmente battibile nel colpo di testa.
E dietro di loro c’è Buffon a difendere la porta.
Chiellini è forse l’ultimo dei marcatori a uomo “veri”, quelli contro i quali il grande bomber sa, fin dal fischio iniziale, che sarà una giornata complicata.
Nel tempo, è diventato un leader, un capitano, non solo per la Juventus ma anche per la Nazionale. Anzi, secondo alcuni tifosi (forse un po’ troppo maliziosi), alla Nazionale dedicherebbe anche troppe energie e attenzioni. Ma, a parte gli infortuni, ci sono decine di cerotti, bende e turbanti a testimoniare l’esatto contrario e a certificare che invece lui non si tira mai indietro.
Una sicurezza per i compagni di squadra, un grande giocatore in campo e un grande uomo fuori.
Ci mancherai, Giorgio. Grazie.
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