

Ogni tanto i nostalgici del calcio (come me), grazie allo strumento tecnologico (internet), vanno a riguardarsi filmati “d’epoca” di partite e gol di una volta. Io ho una partita che è un mio pallino: Italia – Inghilterra del 1976, gara valida per le qualificazioni ai mondiali di Argentina ’78.
Vincemmo 2-0, e Causio fece impazzire gli inglesi; basta guardare l’azione del secondo gol: colpo di tacco al volo del “Barone” a chiudere un triangolo con Benetti, che a quel punto si involò sul fondo e crossò per Bettega che insaccò di testa tuffandosi ad anticipare il difensore. Un’azione da far studiare nelle scuole calcio.
Quello che però salta all’occhio, guardando quelle partite e paragonandole a quelle di adesso, è la differente struttura fisica dei calciatori.
Tranne rare eccezioni, fisici scolpiti (alla CR7, tanto per capirci) non è che se ne vedessero, mentre oggi è quasi la norma. Nel calcio iper-muscolare di oggi, proiettato al dominio di alcuni settori del campo, quanto conta la forza fisica?
Conta, certo, ma senza scomodare Maradona e Messi, quanti sono quei giocatori che, nonostante un fisico non eccelso, hanno in qualche modo inciso?
Io sono convinto (ma non solo io) che tra talento calcistico e altezza non ci sia alcuna correlazione. E noi della Juve lo sappiamo bene. Ma non parlo di Platini (che pure, volendo usare un eufemismo, aveva un fisico da lanciatore di coriandoli).
Sebastian Giovinco nacque a Torino il 26 gennaio 1987 da madre calabrese e padre siciliano.
Non era uno di quelli che dormiva col pallone nel letto fin da piccolo, ma quando, verso i sette anni, un gruppetto di amici più grandi gli chiese di unirsi a loro per fare numero, capì che al calcio avrebbe dedicato molto del suo tempo.
“Dopo un anno con la mia squadra (San Giorgio Azzurri), uno scout della Juventus mi ha invitato a giocare per le giovanili del club. Probabilmente sembra folle, ma fu così veloce. Un giorno stai giocando per la tua piccola squadra locale, e poi un club ti chiama e questo è tutto. Almeno questo è stato per me. Un giorno un signore si è presentato, ha parlato con me e mio padre, e il giorno successivo facevo parte del vivaio della Juve”.
Dopo aver compiuto tutta la trafila nelle giovanili juventina, è nella primavera del club bianconero che inizia a togliersi qualche soddisfazione, grazie alle lezioni ricevute.
“[…] C’è questa mentalità alla Juventus. È abbastanza semplice… Vincere. Ti insegnano il rispetto e il vincere con rispetto. Ma alla fine della giornata, conta solo una cosa. Aver vinto. Quella mentalità mi è stata inculcata dal momento in cui sono arrivato alla Juve. Vincere e basta”.
Vinse tra il 2005 e il 2006 il Torneo di Viareggio e il campionato Primavera, alla fine del quale fu premiato dal “Guerin Sportivo” quale miglior giocatore della fase finale del torneo. Di quella squadra, agli ordini di Chiarenza, facevano parte anche Marchisio e De Ceglie.

Giovinco in bianconero
Nella stagione 2006-07 conquistò la Supercoppa e la Coppa Italia Primavera. Il 12 maggio 2007, a vent’anni, debuttò in Serie B con la prima squadra: si giocava Juventus-Bologna, partita fondamentale per il ritorno della squadra bianconera in Serie A.
“Sono stato orgoglioso di aver lavorato per tornare in Serie A dopo solo una stagione. Non credo che avrei avuto l’opportunità di giocare tanto se non fossi stato in Serie B. Ma la promozione non era qualcosa di cui si parlava molto – o che i giocatori più giovani erano stati capaci di riportare la Juventus al top. Come ho detto, c’è solo una cosa che conta alla Juventus. E non importa come sia fatto. E per me, come sempre, tutto ciò che contava era che io fossi in campo”.
Appena rientrata in A, la Juve mandò i più giovani a “farsi le ossa” in provincia e Sebastian, insieme a Claudio Marchisio, andò ad Empoli.
Chiuse la prima stagione in Serie A con 6 gol all’attivo in 35 partite, ma l’Empoli retrocesse e Sebastian, ormai chiamato “Formica atomica”, tornò alla base. Nella sua prima stagione con la Juventus realizzò tre reti in ventisette presenze, alternando prestazioni meravigliose (con il Bologna, ad esempio) a partite in cui non riusciva a toccare un pallone.
L’anno successivo, con Ferrara in panchina, crollò la squadra e con lei anche Giovinco. Con l’avvento di Del Neri ancora peggio, perché il 4-4-2 del tecnico non prevedeva il trequartista.
“Tutti sanno quali sono le mie caratteristiche. Io con il 4-4-2 ho giocato sia nell’Empoli, sia con Ranieri, largo a sinistra e so adattarmi a diversi ruoli, posso essere esterno o centrale di centrocampo o seconda punta. Certo, se Delneri chiede agli esterni di essere i quinti di difesa, allora quello non è il mio mestiere. Il mio sogno è quello di continuare con la Juve. Però se non c’è considerazione, è giusto cambiare aria, anche se sono consapevole che separarmi da questa maglia sarebbe per me una decisione estremamente difficile da prendere”.
Il 5 agosto 2010 passò al Parma in prestito oneroso (un milione di euro pagabile in tre anni) con diritto di riscatto per la metà del cartellino fissato a tre milioni pagabili anch’essi in tre anni.
Con l’arrivo di Conte sulla panchina bianconera, il 21 giugno 2012, la Juve riscattò “la formica atomica” per quella che sarebbe stata, a posteriori, la migliore stagione in bianconero di Seba. Quarantadue presenze e undici reti (di cui una realizzata il 12/12/12 al 12° minuto del secondo tempo, con indosso la maglia numero 12. Ah, era il suo 12° gol bianconero, manco a dirlo) e primo scudetto in bacheca.
L’anno successivo ebbe meno spazio e non approfittò delle poche occasioni che il tecnico salentino gli diede. Con l’arrivo di Allegri ancora peggio, tanto che, il 2 febbraio 2015, d’accordo con la società, Giovinco rescisse il contratto per volare in Canada.
Così, dopo 132 presenze e 20 gol in tutte le competizioni, Sebastian lasciò la Vecchia Signora. E la Juve non poté non ringraziarlo con un comunicato ufficiale sul sito:
“Dai campi delle Giovanili bianconere fino al palco dello “Juventus Stadium” dove ha sollevato due volte il titolo di Campione d’Italia: la storia di Sebastian Giovinco in bianconero ha il sapore della favola. Piedi raffinati e tecnica notevole, la Formica Atomica ha sempre saputo mettere, nel corso di quasi due decadi, il suo talento a disposizione dei successi del gruppo. Fin dal primo momento in cui, ancor prima di compiere dieci anni, vestiva per la prima volta i colori bianconeri. Le sei stagioni nella Prima Squadra nascono da anni di sudore e sacrifici, vissuti fin dalla tenera età, quando iniziava la sua avventura nelle Giovanili della Juve, dove sarebbe cresciuto con i futuri compagni di Serie A Marchisio e De Ceglie. In Primavera vince tutto ed è sempre tra i migliori in campo, tanto da meritarsi la chiamata in Prima Squadra.
Il debutto in Serie B, nel 2007, contro il Bologna, è subito impreziosito da un assist per il definitivo 3-1 firmato Trézéguet. A Empoli inizia a far parlare di sé anche nel massimo campionato sotto la guida di Gigi Cagni: concluderà la sua prima stagione alla ribalta del calcio italiano con un bottino di sei reti. Inevitabile un primo ritorno in bianconero. Nel debutto da titolare in Champions contro il Bate Borisov si ripete: un altro esordio bagnato da due assist (questa volta a Iaquinta). I due anni trascorsi a Parma ne confermano il talento, tanto da meritarsi la chiamata in Nazionale per l’avventura di Euro 2012. Quindi la “Signora” sulla sua strada, di nuovo. Il primo dei suoi venti goal in 132 presenze in bianconero è un pezzo forte del suo repertorio, ovvero il calcio di punizione con cui strega Benussi allo stadio Via del Mare di Lecce. Il cerchio si chiude idealmente al 5’ dell’ultimo Juventus-Verona di Tim Cup, quando Seba realizza un altro calcio di punizione.
Ma quella sera il suo è stato un doppio commiato al popolo bianconero, che lo ha applaudito allo Stadium e lo ha sommerso d’affetto di recente in occasione del suo compleanno. Davanti al pubblico di casa segna, infatti, di nuovo. È doppietta e al momento di lasciare il terreno di gioco restituisce gli applausi alla sua tifoseria. Ora per lui si aprono le porte delle arene MLS: affronterà una nuova avventura umana e professionale con la maglia del Toronto FC. Da tutti noi un sincero in bocca al lupo per la tua nuova sfida. Grazie di tutto, Seba”.
Una cosa è certa: di fronte a certe giocate, i tifosi bianconeri hanno sicuramente pensato che Sebastian Giovinco di Torino sia stato uno dei “grandi” della storia bianconera.