

Questo non è il solito postpartita, è un articolo diverso da tutti gli altri.
Siamo sinceri, a chi interesserebbe parlare della partita appena conclusa se non per l’ultimo giro trionfale di Buffon con la nostra maglia?
Siamo qui a celebrare il 7° scudetto consecutivo, la 4° Coppa Italia consecutiva, siamo qui a salutare un grande campione, gobbo nell’animo, scomodo, spigoloso, irritante per gli avversari e quindi amato ancora di più da noi tifosi bianconeri.
Non è un giorno come tutti gli altri, ci hanno salutato anche Lichtsteiner e Asamoah, abbiamo un nuovo Capitano che domenica scorsa ha già dimostrato di essere degno di portare al braccio quella fascia che fu di Del Piero, Baggio, Tacconi, Scirea, Furino e tanti altri campioni.
È un giorno speciale, uno di quei giorni in cui abbiamo voglia di festeggiare fino a tarda notte e andare a letto stanchi morti, senza voce e con la testa che ci gira per l’alcool che ci siamo bevuti: uno di quei giorni che ricorderemo.
E in un giorno come questo voglio parlarvi di una partita speciale, una partita che, nei miei pensieri, sarebbe piaciuta anche a Osvaldo Soriano, una partita lunghissima che comincia in una calda giornata di inizi Settembre di quasi 7 anni fa e si conclude oggi con la passerella finale.
È la storia di una partita durata 2453 giorni (li ho contati, non è che ci volesse poi così tanto), giorni pieni di emozioni, gioie e dolori per noi gobbi, giorni che valeva la pena di vivere fino in fondo, fino alla fine.
Si parte da lì, da quel gol di Lichtsteiner imbeccato da Pirlo, il primo gol segnato in quel nuovo gioiello architettonico chiamato Juventus Stadium.
E poi la doppietta di Marchisio contro il Milan, la corsa verso la bandierina, Vidal che si rotola per terra per far passare il tiro del 2-0, Krasic che non capisce le indicazioni di Conte, la vittoria a Milano contro l’Inter, la pazza rimonta a Napoli, Estigarribia a dare la carica perché niente è perduto fin quando l’arbitro non fischia la fine, la carambola magica di Pepe per il 3-3 finale.
E ancora la doppietta di Matri contro l’Udinese sotto una fitta nevicata, due trasferte annullate per la neve perché gli altri stadi non sono lo Juventus Stadium, l’odio che ricomincia a serpeggiare nei nostri confronti, la serata di Milano, il famigerato gol di Muntari (ma quale gol?), la più bella parata di Buffon e la maglia di Matri che vola dopo il pareggio.
Conte che dice a Galliani “Siete la mafia del calcio” e Pippo Carobbio che tre giorni dopo coinvolge Conte nel calcioscommesse, i veleni, una nazione che torna ufficialmente a odiarci, i pareggi e poi la serata di Firenze con tanto di gol di Padoin.
La primavera del 2012, le vittorie che si susseguono senza sosta, il ritorno di Caceres e la sua doppietta in Coppa Italia a Milano, il ritorno e la finale conquistata ai supplementari, il gol di Amauri per la Fiorentina e il magico pomeriggio di Palermo per riconquistare la vetta.
La punizione di Del Piero contro la Lazio, il gol di Borriello, il pareggio del Cesena, il pareggio del Lecce, Alex che incita Buffon dopo l’errore perché un vero Capitano si vede in queste occasioni.
Lo psicodramma che si dissolve come neve al sole in una domenica sera di inizio Maggio a Trieste, città magica e bellissima, teatro del ritorno alla vittoria, lo scudetto più bello, lo scudetto più inaspettato.
La festa negli spogliatoi, il “Dimmi diretta, dimmi tutto!” di Mirko, le lacrime dei tifosi per l’ultimo saluto al Capitano, nel giorno più bello per tutta la Juventus.
Bentornata Juve, finalmente puoi ricominciare a sognare in grande!
I sogni si chiamano Van Persie, la realtà Bendtner e Isla, e poi Conte squalificato per calcioscommesse.
La realtà è anche una Supercoppa a Pechino dove Pandev non capisce che offendere la mamma del guardalinee è vietato, e il Napoli non capisce che quando perdi applaudi l’avversario e accetti la sconfitta (e mica hanno imparato).
La realtà è un campionato con Carrera e Alessio in panchina e Conte in uno sky box, ma con una società e una tifoseria tutta intorno a lui.
C’è il ritorno di un allenatore definito Maestro che firma una maglietta con scritto “Odio la Juve”, c’è questo Maestro che viene a Torino a farsi sommergere di gol, c’è un ragazzone di colore di belle speranze che si ritaglia subito il suo spazio in squadra, non c’è più il Milan da sfidare ma il Napoli, c’è il ragazzone chiamato Pogba che azzecca una staffilata al volo proprio contro di loro.
E poi il ritorno alla Champions League, la serata di Stamford Bridge, Arturo che segna zoppicante, il tunnel di Quagliarella per il 2-2, il ritorno trionfale con i campioni d’Europa stracciati in casa, la vittoria del girone… e chi le ricordava più certe emozioni?
Le polemiche a Catania, il timido e garbato Alessio in conferenza stampa insultato dai giornalisti, la prima sconfitta in campionato a opera del nuovo guru degli allenatori Stramaccioni (Stramou, che cazzo di fine hai fatto?), il rigore di ascella di Isla, il ritorno di Conte in panchina, la sconfitta inspiegabile in casa contro la Samp in 10 e quel ragazzo che ci sfotte e che impareremo a conoscere bene in seguito…
La corsa a perdifiato di Giaccherini dopo il gol al Catania allo scadere, il missile di Pogba contro l’Udinese, la Champions League che finisce contro un Bayern Monaco dove giganteggia una certo Mario Mandžukić, Vučinić che segna al Pescara e rimane in mutande, il fallo infame di Cambiasso su Giovinco a partita finita, il gol di Vidal nel derby, il rigore al Cagliari e l’abbraccio a Pepe in tribuna.
I sogni poi si avverano quando vedi spuntare dall’aereoporto un certo Carlos Tévez e quando sai che un giocatore chiamato Fernando Llorente è stato fermo un anno pur di venire a giocare a Torino.
E allora sogni tu, ma il tuo allenatore no, non è più sicuro di se, il 4-3-3 no perché gli manca Pepe, solo 3-5-2.
Ma se la Supercoppa è l’ennesimo trionfo, il campionato è più incerto, la Champions League ancora peggio.
C’è la disfatta di Firenze, i 4 gol in 16 minuti che da quelle parti ricorderanno in eterno, c’è anche la sconfitta di Madrid e alla fine la Juve è come una belva che si lecca le ferite ma è pronta a vendicarsi.
In campionato, ma non in Coppa Italia, non in Champions League.
Troppi pareggi, la sconfitta ad Istanbul sotto la neve, this is not football, Europa League.
Ma quella non è la dimensione della Juve, diceva, e i ristoranti da 100 €, i carri armati, la squadra stanca, l’eliminazione in Europa League in semifinale contro il Benfica.
Però è il campionato dei record, i 102 punti, la vittoria contro la Roma a Torino, la magica punizione di Pirlo a Genova all’ultimo respiro, il fuorigioco di 21 cm di Llorente contro il Napoli e una squadra annientata negli altri 89 minuti, una sconfitta quasi annunciata al ritorno.
La vittoria all’ultimo secondo contro l’Udinese, una curva intera riempita dai bambini e dai loro genitori, una nazione che si scandalizza per quei bambini che gridano “merda” al rinvio del portiere avversario, perché l’Italia va così.
Infine il sogno proibito che si avvera, Osvaldo che segna Quel Gol al 94° e uno stadio intero che rimane ammutolito per la beffa finale.
Qualcuno è ai saluti, noi non vogliamo capire, poi arriva il 16 Luglio.
La rivoluzione, lo shock, il condottiero che se ne va dall’oggi al domani, la squadra senza allenatore, anzi peggio con Allegri.
Iturbe, proprio lui, ci sfancula, gli altri ridono e sono più Allegri di noi.
Infatti siamo la Juve e non ridiamo, preferiamo puntare a vincere, chiunque sia l’allenatore.
Lo capiscono Garcia con il suo violino e la Roma con il gol finale di Bonucci, meglio fare un campionato a parte con questi qui dice il loro simbolo. Noi pensiamo a giocare.
Come a Bergamo con il primo gol di Morata, come a Empoli con il suo secondo gol, come a Genova quando perdiamo all’ultimo secondo.
C’è la goleada contro il Parma, lo slalom di Tévez, il buon inizio in Champions League, le due sconfitte successive e tutto che si complica.
C’è la pazza serata di inizio Novembre, siamo fuori a metà ripresa contro l’Olympiakos, siamo quasi qualificati alla fine grazie a Pogba e a Llorente. C’è un giocatore, Asamoah, che pochi giorni prima si era fatto male ma che stringe i denti per giocare quella partita: esce stremato e infortunato sul serio, ci metterà anni per tornare quello di prima.
C’è l’hashtag fiuuuuu di Max, e poi la doppietta di Pogba a Roma con tanti saluti a Opti Pobà di Tavecchio, il gol a 4 secondi dalla fine di Pirlo nel derby, la solita magia di Pogba contro il Napoli, il vecchio cuore bianconero Osvaldo che ci grazia non passando la palla a Icardi.
Il ritorno di Barzagli, Storari che va a fare il tifo per lui nella partitella della Primavera con tanto di bandiera e trombetta.
Il sogno Champions League, il trionfo di Dortmund, i belli di notte Tévez e Morata, il campionato dove le partite oscene cominciano a fare capolino, la Coppa Italia non più messa da parte, il capolavoro allegriano a Firenze e la finale conquistata dopo 20 anni.
Lo scudetto vinto con 155 giornate di anticipo a Genova, la gita a Milano, Morata che non si accorge di aver segnato, Morata che esulta indossando occhiali da sole, Morata che saluta la curva Fiesole, Morata che ci porta in finale anche se non esulta contro il Real, noi che amiamo Morata per tutto questo.
La magica semifinale contro il Real, Chiellini in scivolata su CR7, Marchisio che non si fa uccellare da CR7, Chiellini che zittisce CR7, CR7 che comunque la palla la mette dentro due volte, Sturaro che devia il tiro di James Rodriguez, Tévez che esulta rabbiosamente, Tevez che si incazza per la sostituzione, Tévez che sente nostalgia di casa.
Le finali, la Coppa Italia, il doppio palo di Đorđević, il gol di Matri e solleviamo la decima!
Ce ne andiamo a Berlino, a Berlino senza Chiellini, a Berlino sogniamo con Morata, Dani Alves tira giù Pogba e prendiamo gol in contropiede.
Fine di un sogno, le lacrime di Pirlo, le mie trattenute a fatica, Tévez che se ne va e manco saluta. Bella merda.
Per uno che se ne va altri due ne arrivano, un duro e uno bravo col pallone: quei due ci consegnano subito la Supercoppa contro la Lazio.
Ci sarebba anche Khedira, ma si fa subito male, ahia.
Ci sarebbe anche Draxler, ma l’ultimo giorno se ne va da altre parti, ciao.
Ci sarebbe Hernanes ma l’ultimo giorno… niente, arriva.
Ci sarebbe il campionato ma qualcuno non lo sa: non lo sanno Coman e Llorente che se ne vanno il giorno dopo la prima partita, non lo sa la squadra che perde le prime due.
Va male, anzi peggio, Lichtsteiner che si sente male e viene operato al cuore, le sconfitte in campionato, poi arrivano Blanchard e il Frosinone culone, poi il Napoli di Higuaín e infine il Sassuolo.
È tutto finito, è tutto da rifare: per molti, ma non per loro.
C’è un campionato da vincere, contro tutto e tutti: lo dice Buffon, lo dice Evra, lo capiscono tutti gli altri, in primis Cuadrado nel derby all’ultimo minuto.
C’è una Champions League da giocare, una bellissima vittoria a Manchester, la scivolata di quei 4 dopo il gol di Morata, l’assist di Pogba per il pareggio di Mandžukić e quei quattro in difesa che no, non li ha nessun altro tranne noi!
Torna Lichtsteiner, gettiamo al vento il primo posto nel girone di Champions, in campionato non ci ferma più nessuno.
Il sorpasso, Bonucci mezzo infortunato che anticipa Higuaín, Simone Zaza e il suo gol a 2 minuti dalla fine, tutta la panchina che invade il campo, la faccia di Barzagli mentre esulta, il grido di vittoria di Marchisio al fischio finale.
La festa contro il Palermo e l’infortunio di Marchisio, Morata che zittisce il Franchi, Buffon che para il rigore del 2-2.
La Champions e la rabbia contro il Bayern, le solite amnesie, il solito risveglio, il mani di Arturo e il gol di Sturaro. Il capolavoro di Allegri a Monaco senza mezza squadra e con Hernanes in cabina di regia, il tutto vanificato da Evra.
Lo scudetto, la Coppa Italia dopo una pazza semifinale contro l’Inter (illuderli facendoli rimontare e poi batterli ai rigori, nonostante due partite pieni di errori arbitrali a loro favore, siamo diabolici), Morata segna al Milan e ci saluta. Poi c’è anche lui, la plusvalenza col numero 10: lo sapevamo fin dall’inizio che sarebbe andato via un giorno, l’avevamo capito sapendo chi era il suo procuratore, o anche guardandolo esultare. Se ne torna a casa da una vacanza durata 4 anni, ce ne facciamo una ragione e andiamo avanti.
Se ne va, salutando dall’account facebook della moglie, anche Padoin: la sua lettera è bella, commovente e straordinariamente umile, merce rara in un mondo dove l’arroganza la fa da padrona.
Qualcuno a Napoli rimane senza pistolino, io nella mia solita incoerenza tipica del tifoso faccio salti di gioia per l’arrivo di Higuaín.
E poi Pjanić, Benatia e ancora Dani Alves (Dani Alves!!!), Cuadrado che ci chiede in ginocchio di tornare, un certo Pjaca idolo dei doppipassisti e considerato l’erede di Ibrahimovic.
Urca, quest’anno ci divertiamo! O no?
Calma, calmaaaa, qui ci sono segnali sinistri, c’è una goleada mancata contro il Sassuolo e qualcuno dei vecchi si lamenta per il troppo sbilanciamento in avanti. Equilibrio, equilibrio perdio!
Le solite montagne russe, si perde a Milano due volte, si domina il girone di Champions, ci godiamo il “Noooooooooooooooo” di Auriemma ma poi arriva la solita disfatta di Genova: Dani Alves centrale difensivo, Bonucci con un tacco di troppo, il solito rigore non concesso passato in cavalleria, Dani Alves ammonito per essersi fratturato la tibia (o il perone), i “Ci servirà da lezione” che ci accompagnano fino alla Befana quando andiamo a Firenze.
La svolta, il 4-2-3-1 lanciato in grande stile, Mandžukić che pur di giocare si adatta come esterno, Cuadrado avanti e indietro sulla fascia fino a quando scoppia, vittorie tanto spettacolari quanto risicate nel punteggio.
La staffilata di Cuadrado contro l’Inter, Perišić espulso con 10 mesi di ritardo, la puntuale polemica per un fallo da rigore manco reclamato in campo, bla bla bla e bla bla bla.
Una partita inutile contro il Palermo, Bonucci si incazza con Allegri, Bonucci in tribuna a Oporto sullo sgabello, così impara a rispettare i ruoli.
Il rigore contro il Milan al 97°, i fegati che esplodono, i pischelli che sfasciano lo spogliatoio e poi il Barca.
La magica notte di Dybala, Giorgione di testa, la magia di Buffon su Iniesta, il gol del pubblico del Camp Nou, la rimonta immaginaria, Neymar isterico dopo due partite contro la BBC, all’appello manca solo Gonzalo…
La stanchezza che si fa sotto, le vittorie gettate al vento, Dani Alves spostato in avanti, Dani Alves autore del possibile gol scudetto a Bergamo ma tutto va a peripatetiche con il rimpallo finale del 2-2.
La squadra che si scansa a Roma, il Napoli che finisce terzo e si fa i preliminari e la vittoria liberatrice contro il Crotone.
La doppia sfida contro il Napoli in Coppa Italia, Gonzalo che la fa da padrona, le polemiche e le minacce da quel bell’ambientino, il risultato falsato, tanti saluti noi andiamo in finale e ci portiamo a casa la dodicesima.
E poi il sogno Champions, la trasferta di Monaco, il contropiede capolavoro dello 0-1, il tacco di Dani Alves, il cross di Dani Alves, il bovino Glik che si stira fino a diventare Plastic Man ma niente, la palla arriva a Higuaín per lo 0-2.
Il trionfo nel ritorno, andiamo a Cardiff contro il Real e stavolta…
Niente, neanche stavolta: reggiamo un tempo, poi crolliamo, prima nello spogliatoio poi in campo.
Mezza Italia e anche più festeggia, noi ci rimbocchiamo le maniche e cerchiamo di voltare pagina…
Arriviamo a giorni nostri: La Var, i pronostici tutti per Napoli, Inter e Milan, passiamo alle cose formali, Juve indebolita malgrado l’arrivo di Bernardeschi, Douglas Costa, Matuidi.
Qualcuno se ne va dopo averci anche sbeffeggiato, non sentiremo la sua mancanza né tantomeno della sua musica nello spogliatoio.
Qualcuno se ne va dopo aver messo le mani addosso a un suo compagno di squadra a Cardiff, non sentiremo la sua mancanza e pazienza se sposterà gli equilibri altrove.
Qualcuno non fa in tempo ad arrivare che subito viene bloccato: c’è qualcosa che non va, non stai bene, non possiamo prenderti.
Cardiff ha logorato i tifosi, la Coppa ormai è diventata un’ossessione, cominciamo e subito si capisce come andrà.
Decisioni arbitrali contro di noi, a tutti va bene, la Juve non può lamentarsi degli arbitri, la Juve non si lamenta ma si incazza in campo e vince 6-2 in 10 a Udine e 4-2 a Genova.
W La Var, w gli errori umani contro la Juve, w il campionato bellissimo, w la Juve che mostra segni di cedimento, è l’anno buono per il Napoli.
Lo dicono tutti, lo sperano tutti, c’è chi prenota i botti, chi le piazze per i festeggiamenti.
Finalmente la dittatura è finita, siete buoni solo a vincere con gli aiuti arbitrali, in Europa fino al confine, tra vent’anni ci ricorderemo del Napoli di Sarri come dell’Olanda dei primi anni settanta.
A Napoli intanto a Novembre scoprono ancora una volta che la Juve è dura a morire, che il loro ex idolo tramutato in Lota li purga ancora e che, se proprio ci tengono a vincere lo scudetto, dovranno passare sopra il nostro cadavere.
Ma prima dovranno ammazzarci e visto che sono loro fanno in tempo ad ammazzarsi da soli, prima in Champions League, poi in Coppa Italia e in Europa League e infine contro la Roma in casa.
Ma noi siamo buoni e li riportiamo in vita, li illudiamo con il gol di Koulibaly e poi arrivano Milano e Firenze e, spiacenti, sarà per la prossima volta anche a questo giro.
E poi la Champions, il Tottenham che ci prende a pallate ma non ci uccide e fa male, la serata di Wembley, il crollo contro il Real Madrid, gli applausi fuori luogo a CR7. La serata al Bernabeu, la rimonta impossibile, il rigore impossibile, la fregatura perfetta, Gigione che in un paio d’ore si fa amare per l’ennesima volta da tutti noi e odiare dal resto d’Italia.
La Coppa Italia, la tredicesima, Marchisio, Lichtsteiner e Barzagli che la alzano e le lacrime che cominciano a scendere…
Infine oggi, il fischio finale di una partita durata 7 lunghi anni pieni di emozioni e di gioie, di lacrime e di delusioni.
In tutto questo susseguirsi di emozioni qualcosa poi è rimasto sempre sullo sfondo: le parate, talvolta impossibili, di Buffon, le sue esultanze ai nostri gol, il metterci sempre la faccia da vero Capitano, il riuscire sempre a trasmettere la voglia di vincere ai compagni.
Oggi ha giocato la sua ultima partita con noi e salutarlo è stato duro: mi salvo solo perché ho qualche annetto e sono riuscito a superare tanti momenti calcistici pesanti, dagli addii dei campioni alle sconfitte e alle umiliazioni, ma ammetto che una lacrimuccia oggi per Gigi è scesa eccome…
Grazie davvero di tutto Gigi, sei stato il più grande!
E con questo chiudo il pezzo: valeva la pena dilungarsi un po’ di più, è il giusto omaggio per tutti coloro che hanno onorato la maglia bianconera in tutte queste stagioni, da Asamoah a Zaza (in ordine alfabetico) e nel mezzo tutti gli altri, i Padoin, Pepe, Estigarribia, Bendtner, Anelka, Pirlo, Morata, Peluso, Douglas Costa, De Ceglie e chi più ne ha più ne metta.
Gli anni passano, la Juve ha il dovere verso se stessa e verso i propri tifosi di continuare a lottare per la vittoria prendendo a volte anche delle decisioni difficili.
Lo fece con Del Piero, lo ha fatto con Buffon.
Si va avanti, si chiude un capitolo entusiasmante scritto da giocatori e uomini straordinari e se ne apre un altro nel segno della continuità.
Le parole da Capitano di Chiellini di domenica scorsa sono state chiare: più toccate nell’orgoglio questa squadra più troverà nuovi stimoli per provare a vincere.
Stiamo tranquilli, lo spirito continua.
L’anno prossimo saremo sempre lì, a provare a vincere di nuovo e a dare battaglia, in Italia e in Europa.
Godiamoci davvero la giornata di oggi e ringraziamo ancora questi uomini: questo non è un addio, ci vediamo tra qualche mese, sempre nel ring.
Keep the faith alive e forza Juve!