

Correva l’estate del 2014, 8 luglio per l’esattezza. L’Italia era appena stata eliminata fragorosamente dal Mondiale e il mondo pallonaro era in subbuglio. Abete aveva dato le dimissioni lasciando vacante una poltrona scottante, Prandelli si era trasferito in Turchia lasciando vacante una panchina altrettanto scottante, Tavecchio era l’unico candidato alla presidenza della FIGC: insomma, uno scenario apocalittico. Agnelli, invitato a Montecitorio dal Presidente della Commissione Bilancio Francesco Boccia alla presentazione di una ricerca su “L’impatto economico dello sport in Italia”, viene intervistato all’ingresso e dice alcune cose (qui e qui l’audio) che vi riassumo:
- considerata l’importanza del calcio italiano in termini di contributo all’occupazione e al PIL, forse meriterebbe un po’ più di considerazione rispetto all’essere al sesto, settimo posto di un’analisi sommaria da parte della Commissione Cultura;
- l’identikit del candidato ideale alla presidenza della FIGC è un ex calciatore che abbia sviluppato capacità manageriali e dirigenziali;
- i nomi non sono importanti: importante è aggregare il consenso intorno ad un programma di riforma del calcio;
- Abete con le sue dimissioni ha reso ancora più impervio il percorso perché ha accorciato i tempi disponibili per farlo;
- per coerenza Abete avrebbe dovuto dimettersi anche dalle cariche UEFA e CONI, che invece ha tenuto;
- prima di coagularci intorno a una persona definita va fatta una profonda riflessione su quale sia il bene del calcio;
- “Potrebbe essere Albertini il nome?” “Ma questo lo dice lei, io non lo dico”. Albertini, come Cannavaro, Vialli e Costacurta (o Platini e Rummenigge) corrispondono all’identikit di cui sopra;
- quello che è veramente importante è la classe dirigente che li accompagnerebbe, perché da soli non potrebbero fare nulla;
- Tavecchio ha un forte supporto di Carraro, quindi ha il supporto di “un sistema che viene da lontano; noi faremo delle valutazioni per cercare qualcosa di nuovo”.
Questa la sintesi dell’audio, che vi invito caldamente ad ascoltare.
Ora, non so se successivamente Agnelli sia tornato sull’argomento, dicendo altre cose durante il convegno (non credo, visto che il tema era completamente diverso, ma voglio lasciare il beneficio del dubbio), sta di fatto che i titoli dei giornali sono stati: “Tavecchio è inadeguato. Agnelli candida Albertini”. Titoli estremamente sintetici, forse anche un po’ arditi, che hanno però un grave difetto: personalizzano lo scontro. Confesso che ai tempi non avevo approfondito la questione, accecato com’ero dal senso di orgoglio e di appartenenza che mi ispirava la presa di posizione di Agnelli. Nell’aspetto manageriale, invece, mi rimaneva quel fastidio legato al fatto che osteggiare platealmente a livello personale un candidato che ha i favori del pronostico, mi sembrava una scelta oltremodo incauta. Ben poca cosa comunque, rispetto all’avere un presidente che si oppone al marciume del calcio italiano. E poi, ammettiamolo, Tavecchio di primo acchito non ispira esattamente simpatia, né lui ha fatto alcunché per ottenerla successivamente, considerando le gaffes sui mangiabanane e tutto il resto; quindi ben venga “il-mio-Presidente-contro-quello-là”.
E però, i programmi di riforma di Agnelli (che tutti ben conosciamo: seconde squadre, stadi di proprietà, gestione manageriale della Lega invece del solito sistema clientelare, riforma dei campionati, principi di solidarietà etc), intorno ai quali coagulare (che brutto termine, ndr) il consenso per rinnovare il calcio italiano, e che avrebbero trovato rappresentanza in un candidato con le caratteristiche di cui sopra, sono diventati Agnelli-contro-Tavecchio. Così l’elezione di Tavecchio è diventata la sconfitta di Agnelli in singolar tenzone e di programmi nessuno ha più parlato.
Io non so se Agnelli abbia pronunciato davvero la parola “inadeguato” per definire la persona di Tavecchio (Google non offre riscontri in merito se non nei titoli dei giornali, ma mai nei testi), ma il senso era chiaro: Tavecchio era supportato da una coalizione e rappresentava un coacervo di persone e di interessi che lo rendevano inadeguato a riformare il calcio italiano. “Non serve un traghettatore ma un riformista che ci porti in un’altra dimensione”, disse ai tempi Agnelli. “Il presidente Agnelli ha contribuito alla stesura del programma e poi non abbiamo trovato riscontro nel nome di Tavecchio. I contatti di queste settimane non sono edificanti e il problema sarà da domani. Figc spaccata? Il Consiglio è molto frammentato e non sarà facile attuare le riforme. Quello che lascia perplessi è il super ottimismo di un presidente come Lotito che fa da tutor al candidato Tavecchio, cosa impopolare e unica nella storia della federazione. Sembra che siano interessi personali più che collettivi come quelli che invece sono in campo” spiegò Marotta il 11 agosto 2014, all’ingresso dell’assemblea che avrebbe votato l’elezione di Tavecchio a presidente della FIGC.
Il problema, col senno di poi, era soprattutto in quello che rappresentava Tavecchio in termini di coalizione e programmi, non tanto nella sua persona.
E siamo ai giorni nostri, alla “retromarcia” di Agnelli. Minuto 6:06 di questo video, la domanda di Massimiliano Nerozzi de La Stampa e la risposta di Agnelli al minuto 8:28. Vi invito ovviamente ad ascoltarlo, ma la sintesi è questa: le riforme che c’erano da fare due anni fa sono ancora da fare, e oggi finalmente anche Tavecchio ne ha preso atto (riduzione delle società professionistiche, seconde squadre, impianti sportivi, eliminazione delle deroghe etc); lo stesso Tavecchio ha dimostrato nei fatti di volersi smarcare da certe figure invasive; in assenza di alternative credibili che ci riserviamo di valutare, la coppia Tavecchio-Uva (direttore generale FIGC) può dare un impulso alle riforme perché in questi due anni hanno sviluppato una buona conoscenza della macchina amministrativa.
A questo punto vi chiedo: chi ha fatto retromarcia dalle proprie posizioni, per andare su quelle dell’altro? A me pare che Agnelli non si sia spostato di una virgola dai programmi che voleva veder attuati due anni fa, e che sia Tavecchio ad aver finalmente sposato la linea del presidente della Juventus. Forse più per opportunità che per convinzione, visto che la coalizione Galliani-Lotito sembra stia perdendo consenso, ma sta di fatto che l’impressione è questa.
Pertanto, preso atto di ciò, cosa dovrà fare Agnelli in occasione della prossima assemblea elettiva? Personalmente mi aspetto che Agnelli voti il candidato che porterà avanti quel programma di riforme che lui chiede da anni per il bene del calcio italiano. Considerata l’urgenza di queste riforme, in assenza di alternative autorevoli (leggi: ex calciatore con competenze manageriali e dirigenziali) se questo candidato sarà ancora Tavecchio, credo si possa sacrificare lo scarso phisique du role del soggetto in favore della conoscenza amministrativa che lui e Michele Uva hanno maturato in questi due anni. Tutto sommato, un ragionamento di buon senso.
Come e perché si è arrivati all’apparente cambio di rotta di Tavecchio sarebbe interessante da approfondire, ma capisco faccia molto più presa titolare “la retromarcia di Agnelli”.
Questo giusto per mettere qualche puntino sulle “i”: ciascuno si formi adesso la propria opinione.
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