Dopo le prime 3 giornate c’erano 2 dati che mi avevano colpito in negativo nella Juventus: il basso numero di palle recuperate e, ovvia conseguenza, l’alto numero di falli commessi. Dopo la partita col Chievo eravamo la squadra di serie A con il maggior numeri di falli commessi (18 a partita) e in tutte le 3 partite giocate l’avversario di turno aveva avuto un numero di palle recuperate superiore al nostro.
Con Manchester scatta evidentemente qualcosa a livello mentale e sicuramente anche a livello tattico, tanto è vero che vinciamo una partita molto fisica commettendo solamente 9 falli.
A questo punto mi metto a guardare Genoa-Juventus cercando di capire se lo stesso atteggiamento riusciamo a trasferirlo anche in campionato e sicuramente tutti i numeri della gara, dal risultato al numero di occasioni create al numero di tiri in porta fatti e subiti (0 parate di Buffon) dicono che la squadra ha reso al meglio sia in fase difensiva che offensiva, magari sbagliando qualcosa nell’ultimo passaggio ma è indubbio che la prestazione sia stata ottima. Finalmente anche il numero di palle recuperate è a favore: 23 contro le 18 del Genoa. Resta però il problema dei falli: ancora una volta ne commettiamo molti, ben 23.
A questo punto però subentra la netta sensazione che ci sia qualche anomalia, e in effetti già durante la partita avevo notato la forsennata ricerca del tuffo da parte di alcuni elementi in maglia rossoblu, Diego Capel su tutti: lo stesso Lemina appena seduto in panchina dopo il cambio aveva mimato col gesto delle braccia che gli avversari continuavano a buttarsi, quindi mi viene spontaneo fare un raffronto con la partita di martedì scorso, ed ecco il risultato: a Manchester lo sloveno Skomina ha fischiato 29 falli (20 del City e 9 nostri), a Genova Valeri ne ha fischiati ben 43, il 50% in più! Non credo che nessuno possa dire che City-Juventus sia stata un’amichevole di fine stagione, anzi! Quindi qualcosa non quadra…
Proseguendo nell’approfondimento e consultando i vari siti di statistiche faccio un’altra scoperta interessante: a Genova si è giocato a livello di tempo effettivo per 44’46”, a Manchester 56’30”, sono quasi 12’ in più, in pratica il 25% del tempo in più rispetto alla partita di Genova.
Ora, la domanda che pongo è la seguente: è lo stesso sport quello in cui in una partita si gioca il 25% del tempo in più rispetto a quello in cui vengono fischiati il 50% dei falli in più? Si fa tanto parlare delle differenza tecniche e tattiche tra le gare di Champions League e quelle di campionato, ma non sarà che atleticamente sia richiesta ben altra prestazione se la palla gira in continuazione e si ferma molto raramente e per pochi secondi rispetto a gare in cui ci sono frangenti da 3’17” invece che 15’? Non ci credete? Bene, consultate il sito della lega di serie A e troverete il report su Genoa-Juve: nella sezione dove il tempo effettivo e di possesso palla per squadra viene analizzato a spicchi di 15 minuti scoprirete che tra il 16’ e il 30’ del 1° tempo a Genova si è giocato per la miseria di di 3’17”!!!
Ricordo che a inizio anni 2000 in serie A per qualche tempo ci fu una campagna anche a livello mediatico perché si riuscisse a portare il tempo effettivo a 60 minuti, se ne discusse parecchio ma mi pare sia finito tutto in niente, anzi, la tendenza è risultata proprio opposta, ora si gioca di meno, e non credo sia un caso che le nostre squadre quando vanno in Europa abbiano anche un deficit di tipo atletico rispetto ad avversarie abituate a giocare e correre per 60’ invece che per 45’.
Da questa riflessione a mio avviso ne nasce un’altra più ampia, che non riguarda solo Valeri (l’arbitro di Genoa-Juventus) ma riguardo il modello arbitrale italiano nella sua interezza. E’ lampante che in Italia, e in particolare quando si giocano partite cariche di aspettative, la linea degli arbitri sia quella di fischiare molto, e spezzettare il gioco, forse sperando in questo modo di tenere sotto controllo i nervi dei giocatori e forse anche (magari inconsciamente) avere meno probabilità di trovarsi con qualche episodio dubbio su cui dover decidere, visto che se si gioca meno diminuiscono proporzionalmente anche le possibilità di avere episodi difficili con relative proteste e polemiche. Lo stesso Rizzoli a livello internazionale arbitra in modo completamente diverso rispetto a come arbitra in Italia, e si nota chiaramente che qui è sotto pressione e non riesce a essere tranquillo nelle sue decisioni.
Per chiudere non vorrei essere troppo malizioso a pensare che in generale l’arbitro italiano quando fischia in serie A abbia sempre una sorta di condizionamento e gli venga da pensare a un Pieri o a un Dondarini (sono solo 2 nomi a caso, non sono certo gli unici) che, a causa di qualche fischio non gradito ad alcuni si sono trovati l’esistenza rovinata e quasi 10 anni di processo penale prima di essere assolti…ma probabilmente sì, sono proprio malizioso…