Giuro che il primo che mi viene a raccontare che il derby è una partita come tutte le altre, se è juventino lo condanno a viverlo in Curva Maratona. E poi glielo chiederei all’uscita, sempre che lo facciano uscire in grado di parlare. Perchè il derby della Mole non è una partita normale per chi è torinese: è LA partita. Più per i granata forse, ma anche per noi binaconeri non è certo normale routine.
Ho trovato sempre grandi difficoltà a spiegare questa semplice cosa a tanti “fratelli” che hanno a che fare con milanisti, interisti, romanisti, sanguemisti. Provate, dopo un derby perso, ad avere i compagni di oratorio sotto le finestre di casa vostra che, alzando l’asta della bandiera di quel colore tinta unita, gridano: “Te la mettiamo nel….” Cattivi, quelli là, mica scherzano. Oppure, lavorando nell’alimentare, dopo un derby vinto a tempo scaduto per una deviazione fortuita, andare al lunedì a vendere ai clienti granata “stinco di Venturin”. Li conosco talmente bene che saprei individuarli dai tratti somatici uno per uno, di primo acchito, passeggiando, che so?, per via Roma. Forse ne sbaglierei 2, ma non di più.
Il derby di Torino è questo, non anche, ma soprattutto. È il trionfo della schizofrenia di una città che si sveglia lacerata dalle sue stesse anime. È l’ignorarsi di mogli con i mariti, di figli con i padri, di nipoti con i nonni, di amici fraterni con gli stessi amici. È mettersi gli uni di qui e gli altri di là. Senza speranza alcuna di mediazione. A Milano lo stadio Meazza si riempie con le tifoserie mescolate, tranne le curve “calde”. A Torino nemmeno per sogno, finirebbe in carneficina. Nemmeno ai tempi del Comunale si mescolavano le tifoserie nei distinti: i granata si schiacciavano verso la Maratona e noi verso la Filadelfia. Noi e quelli là. Questo è il derby, sotto la Mole. Come si può spiegare a chi ha a che fare con tifosi di altre squadre, sparuti, singoli, gruppetti. A Torino c’è metà città vs metà città. Roba da migliaia e migliaia conto altrettanti. Venite a toccare con mano, se ci riuscite.
Per la cronaca, il Torino che gioca in casa e che pare scenda in campo anche con magazzinieri, figli di capitani famosi e tutta la Maratona, si presenta con un 4 – 3 – 3 di produzione Mihailoviciana così composto: Hart,; Barreca, Castan, Rossettini, Zappacosta; Baselli, Valdifiori, Benassi; Ljajic e Iago Falque a sostegno di Belotti, unica punta. A contare bene pare però che siano 11, non 20.000.
La Juventus risponde probabilmente con un 4 – 3 – 1 – 2 di recente acquisizione, ma di provata efficacia. Buffon; Lichtsteiner, Rugani, Chiellini, Alex Sandro; Khedira, Marchisio, Sturaro; Pjanic trequartista; Higuain e Mandzukic davanti.
Queste le formazioni al fischio d’inizio del signor Rocchi, arbitro poco gradito ai granata per precedenti filojuventini. Andavano meglio gli arbitri di Crotone – Torino e di Torino – Chievo, secondo loro.
Dopo il fischio iniziale, spesso più degli schieramenti valgono valori come la carognaggine, la tosteria, la ferocia, la propensione alla battaglia. La Juve è abituata ai campi impossibili e ha sicuramente più forza a gioco lungo. Il Toro ha la determinazione della partita della “vita”, in una stagione in cui indiscutibilmente è in crescita rispetto al passato prossimo. Forse è la prima stracittadina che parte da tempo immemorabile ad armi pressoché pari. Chi spariglierà le carte? Azzardo: Dybala subentrando. Ma se sbaglio pronostico, non abbiatevela a male.
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