

“Ancora non capisco perché a Madrid sono passato dalle buone prestazioni in campo alla tribuna. […] Non chiedevo di giocare titolare, ma un altro trattamento sì”.
Quando nasci a Madrid e decidi di indossare gli scarpini da calcio, hai come chiodo fisso in testa quello di arrivare un giorno a vestire la divisa di una delle due squadre della capitale. Il palmarès e il fascino storico, ma soprattutto commerciale, di quella camiseta blanca è davvero unico e rappresenta il sogno di tantissimi bambini. Non è lontanamente paragonabile a quello delle divise biancorosse che, nel 1912, venivano ricavate dalla foggia dei materassi, in quanto materiale più economico. Eppure Álvaro Borja Morata Martín, da Madrid appunto, è stato per due anni un colchonero militando nel settore giovanile. Svestita la divisa dei materassi e archiviata la stagione al Getafe, l’attaccante classe 1992 viene ingaggiato dal club più prestigioso della Castilla: parte dalla Castilla C e, scalando tutte le posizioni, viene aggregato, in pianta stabile, alla prima squadra.
Decisivo per questa definitiva promozione è stato l’europeo di categoria Under 21, dove Álvaro si è messo in luce con la maglia delle furie rosse spagnole. La merengue, però, non è così dolce come sembra per il canterano: il rapporto con il nuovo mister Carlo Ancelotti non è idilliaco e quindi il dialogo tra i due è praticamente assente, come ammetterà Morata stesso in una delle prime interviste in bianconero. Nonostante questo, l’ex tecnico della Vecchia Signora sceglierà il futuro delantero juventino per tentare l’insperato aggancio proprio ai rivali capitolini dell’Atletico Madrid, nella finale di Champions League 2013-14, all’Estazio da Luz di Lisbona. Álvaro sarà protagonista della rimonta in zona Cesarini che ha permesso ai blancos di sollevare la tanto attesa decima Champions League. Per l’attaccante castillano è un incrocio con il suo passato e, sempre nella edizione della coppa, Morata si è trovato, a sua insaputa, di fronte anche i futuri compagni bianconeri nel doppio confronto del girone eliminatorio.
Ad Álvaro, fare panchina inizia ad andare stretto, nonostante abbia davanti tre campioni, e gli occhi di diversi club europei monitorano la sua situazione. Fabio Paratici più volte si reca a Madrid per convincere il ragazzo e la sua famiglia, ad accettare la destinazione torinese. La concorrenza è spietata e il club che dopo i bianconeri mostra più interesse nel ragazzo è il Wolfsburg. La Juve riesce a spuntarla sui tedeschi ma il club di Florentino Pérez mantiene sul cartellino dell’attaccante il diritto di una possibile recompra in futuro.
Morata è il prototipo dell’attaccante completo: fisico robusto da centravanti vecchio stampo, buona elevazione e precisione nel colpo di testa, rapido nello stretto ma altrettanto in possesso di un’ottima progressione, notevole tecnica, fiuto del gol e facilità nell’andare a concludere con entrambi i piedi. Ha la pecca di tenere troppo la palla e di intestardirsi nel giocare a testa bassa, accanendosi spesso nel volere a tutti i costi cercare di dribblare l’avversario invece di tentare una soluzione più semplice e redditizia. Prima dell’avvento delle televisioni, chiunque si metteva all’ascolto delle radiocronache sportive, poteva solo immaginare, spremendo la fantasia, in che modo venivano realizzati i gol. Oggi, con le immagini delle partite accessibili a tutti, si usa purtroppo spremere la fantasia per inventarsi paragoni con questo o quell’altro giocatore. Ecco che, tra una minaccia di recompra e l’altra, nella rosea, il nostro Alvarito viene paragonato niente meno che a Marco Van Basten nelle “movenze”. Passi il paragone con Morientes, ma scomodare dei mostri sacri per un ragazzo così giovane ha davvero poco senso.
A facilitare l’inserimento nelle fila bianconere di Morata è il suo connazionale Fernando Llorente, nonchè suo diretto concorrente per una maglia da titolare. Dopo l’infortunio al ginocchio patito nei primi giorni di preparazione, Álvaro riesce comunque a tornare in campo per le prime uscite stagionali ma fatica inizialmente a trovare la condizione ideale e soprattutto a mettere minuti nelle gambe. Non mancano i primi commenti scettici, soprattutto tra i tifosi bianconeri. La prima risposta alle critiche arriva in trasferta a Bergamo, quando l’attaccante spagnolo mette a segno il suo primo gol con la maglia della Juve: Morata incorna a rete un preciso cross di Pereyra che sigilla una tanto importante quanto bellissima vittoria per la squadra di Allegri. In questi primi venti gol in maglia bianconera, quattro sono stati realizzati di testa, due nella prima stagione e due in questa attuale.
E’ in Coppa Italia che Morata realizza gli unici due gol finora su calcio di rigore: nella passata edizione, quella del decimo (Morata sembra legato a questo numero dieci) titolo per la Vecchia Signora ha realizzato il quinto gol contro l’Hellas Verona nella prima gara, mentre solo pochi giorni fa ha dato il vantaggio ai bianconeri nella preziosissima vittoria contro l’Inter, nella semifinale di andata.
In Champions League, Álvaro scrive il suo nome a fianco di quello del più grande giocatore della storia bianconera, ovvero Alessandro Del Piero. Il canterano madrileno realizza il 30 settembre 2015, contro il Siviglia, il suo quinto gol consecutivo nel più prestigioso trofeo continentale. I suoi cinque gol nella scorsa edizione della coppa hanno condotto la Juve fino alla finale di Berlino e sono stati realizzati tutti da dentro l’area: in quattro occasioni ha “semplicemente” spinto la palla a rete nel più comune dei tap-in ma ha dimostrato di sapersi trovare sempre nel posto giusto, al momento giusto. Peculiarità questa che caratterizza esclusivamente i veri attaccanti di razza.
E’ storicamente difficile andare a ricercare un paragone simile nella storia bianconera (o forse del calcio in generale), ma Morata ha realizzato gol con la Juve in tutti i numeri ordinali, dal primo al settimo, escludendo il quarto. Di queste venti reti, nove hanno rappresentato il primo gol per i bianconeri. L’attaccante spagnolo ha sbloccato cinque volte il risultato di zero a zero e due volte quello di 1 a 1, mentre per tre volte ha messo a segno il gol del pareggio, rimediando una situazione di svantaggio. Sono tre anche i gol da fuori area.
Dopo le vicissitudini sentimentali e il conseguente digiuno dal gol e da prestazioni all’altezza del nome che porta sopra il numero 9, è arrivata la doppietta contro l’Inter (suo bersaglio preferito al pari del Parma; tre gol a ciascuna) in Coppa Italia. Le parole di Buffon hanno toccato le giuste corde ed aiutato l’attaccante spagnolo a superare questo difficile momento. I tifosi si augurano che questi due gol abbiano spazzato via i fantasmi e scrollato di dosso eventuali timori e che si possa tornare a riabbracciare il Morata che ci ha fatto vivere notti fantastiche in Champions League, proprio ora che la coppa dalle grandi orecchie sta per entrare nel vivo.