Sì, lo so: mettersi a fare un primo bilancio quando mancano tre partitine facili facili tipo il derby (fuori casa), la Roma (prima contro seconda) e la finale di Supercoppa Italiana contro il Milan migliore degli ultimi cinque anni non è proprio una cosa usuale. Tipo farsi gli auguri di buon anno il 30 novembre, anzi no, me n’è venuta una migliore: tipo auspicare il cambio di allenatore a fine stagione quando stai marciando a vele spiegate inanellando risultati uno dietro l’altro. Paragone bizzarro, ne convengo, ma non so perché mi sia venuto in mente così.
E infatti il mio non è proprio un bilancio, diciamo una riflessione. È la riflessione del giorno dopo il passaggio del turno in Champions League come primi del girone, con una quota punti (14) che la Juventus non raggiungeva dalla stagione 2005/06. Ci si guarda in giro e ci si rende conto che solo due squadre (Barcellona e Atletico Madrid) hanno fatto più punti in questa prima fase (15 entrambe) ma nessuna (NESSUNA) squadra europea si ritrova, la mattina dell’8 dicembre, ad aver chiuso al primo posto il proprio girone di Champions League e contemporaneamente a guidare il proprio Campionato nazionale. Solo la Juventus.
E da qui la riflessione. Riflessione che nasce dalla sensazione che si ha guardandosi intorno, tastando l’umore della tifoseria e leggendo/ascoltando le opinioni prevalenti sui media mainstream: sembra che tutto ciò non sia altro che un atto dovuto. Non mette al riparo da critiche spesso strampalate da parte di una buona fetta di tifoseria mai contenta, nostalgica, supponente, ingrata, cretina. Un giorno spero molto lontano, quando purtroppo arriveranno fisiologicamente periodi ben peggiori di questo che va avanti da cinque anni e mezzo, sono sicuro che troverò gli stessi mai contenti, nostalgici, supponenti, ingrati, cretini di oggi a strapparsi le vesti nel ricordo di questa Juve qui che così poco hanno saputo apprezzare nella contemporaneità.
Allo stesso tempo, nemmeno la considerazione del valore della Juventus sui media risulta particolarmente influenzata da questo doppio primato raggiunto: in attesa del sorteggio di lunedì ci si interroga se era meglio arrivare secondi piuttosto che primi, quando invece è chi è arrivato secondo che dovrebbe aver timore di ritrovarsi avversario della Juventus all’ora di pranzo di lunedì 12. E in effetti Zidane è totalmente di questo avviso, i tifosi del Real Madrid, che nei vari sondaggi in rete considerano la Juve la squadra da evitare assolutamente, idem. Qui da noi, invece, no. Doppiamente primi non basta per avere della Juventus la considerazione di squadra tra le migliori d’Europa. Non basta a molti tifosi, non basta a certa stampa.
La sensazione è che qualsiasi risultato ottenga questa squadra in questo momento sia solo un atto dovuto: troppa differenza in Italia per non essere primi, troppo scarso il girone di Champions per non chiuderlo in testa. C’è sempre qualcosa che porta a sminuire ciò che questa squadra ottiene, c’è sempre un buon pretesto per considerarlo poco o comunque il minimo sindacale. Certo, poi bisognerebbe mettersi d’accordo: non si può sostenere che la Juve si sia indebolita in estate non sostituendo adeguatamente Pogba, smantellando in due anni il “centrocampo più forte del mondo” (questa cosa però la si dice ora, perché quando ce l’avevamo Marotta era comunque un dirigente poco capace, forse questo centrocampo gli era piovuto dal cielo durante il suo giorno fortunato) e contemporaneamente che essere doppiamente primi è un risultato normale. Non si può considerare la Juve anni luce lontana da super potenze come Real Madrid e Bayern e poi, quando la Juve vince il suo girone e quelle due no, dire che comunque contro la Dinamo Zagabria sono buoni tutti (mentre invece pareggiare col Legia Varsavia o perdere a Rostov magari sono cose che alle grandi squadre possono capitare, no?).
A me, ma forse si era vagamente intuito, questa cosa fa girare parecchio le scatole. Mi fa schifo leggere quanta mancanza di rispetto ci sia verso il lavoro di un gruppo di giocatori che nonostante vinca da cinque anni senza sosta trova ancora forza, stimoli e voglia per continuare a vincere. Ugualmente, anzi molto di più, verso il lavoro di un allenatore che da quando è arrivato non fa altro che vincere. Credete sia la cosa più facile del mondo, vero? Non avete la minima idea di quanto possa essere complicato non tanto vincere, ma rivincere, rivincere ancora e poi di nuovo. Stare al vertice sempre, per il sesto anno consecutivo, quando tirare il fiato e sedersi un attimo sarebbe anche comprensibile e giustificabile. Sono uomini eh. Voi, nelle vostre attività quotidiane, date sempre il massimo tutti i giorni, da sei anni a questa parte? Non vi siete fermati mai?
E sì che quest’anno fare a meno, a turno, di giocatori determinanti come Marchisio, Dybala, Barzagli, Chiellini, Bonucci, Dani Alves, convivere con le difficoltà di ambientamento di Pjanic, assecondare gli alti e bassi di Khedira, ritrovarsi per un mese e mezzo con due soli attaccanti più un ragazzino, non è che sia proprio la cosa più agevole del mondo, o no? Eppure per questa Juve sembra davvero tutto dovuto. Bravi eh, ma il sorteggio… ma il gioco… ma gli avversari… ma le grandi d’Europa… c’è sempre un ma, un però. È per questo che oggi mi andava di fermarmi un attimo, anche se mancano ancora quelle tre partitine facili facili al momento del bilancio di metà stagione. Non mi importa: l’applauso in piedi a questa Juve, a quella di oggi ma di tutti questi cinque anni e mezzo, io glielo voglio fare adesso. Perché per me non è tutto dovuto, non se dopo cinque anni di vittorie sei ancora lì a voler primeggiare e lo fai, sei primo in Italia e fuori. Vada come vada, fino alla fine, questa squadra merita più rispetto e considerazione. E lo merita ora, non quando tutto ciò sarà finito.
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