La Juventus assomiglia sempre più a quegli automobilisti non propriamente prudenti in perenne corsia di sorpasso in autostrada: dopo averla agganciata la settimana scorsa si lascia dietro di due punti l’Inter di Mancini. Sembra passata una vita eppure circa 4 mesi fa dopo la rete di Blanchard al minuto 92 che consentiva al Frosinone di prendere il primo storico punto in A proprio allo Juventus Stadium, Allegri e i suoi ragazzi si trovavano a dieci punti di distanza dalla squadra più cartonata d’Italia. Dato che dovrebbe far ulteriormente capire la portata di quello che la Juventus sta facendo da oltre due mesi a questa parte.
Mentre l’attenzione mediatica era rivolta al Napoli di Higuain, che qualche cronista vede già come squadra “che solo con le proprie mani può perdere il campionato”, al ritorno di Spalletti con la speranza che la Roma ritorni ai “fasti” (fatti di qualche coppa Italia e secondi posti) di quando appunto in panchina c’era il tecnico di Certaldo, la Juve si apprestava a demolire in campo l’Udinese, nel giorno dell’inaugurazione della Dacia Arena. Chissà come ci sarà rimasto il buon De Laurentiis che nelle interviste post Napoli-Sassuolo si aspettava un “favore” dall’amico Pozzo, sperando che la sua squadra fermasse la fame di vittorie della Juve. Vincere così è bello, maledettamente bello.
Proprio in barba alla profezie di De Laurentiis e di chi vedeva nella Juve di questa stagione una squadra senza fame, senza voglia e dilaniata dai problemi interni, Allegri ha schierato Asamoah dal primo minuto al posto di Pogba: segnale evidente di come si guardi con molta attenzione anche alla gara di Coppa Italia di mercoledì contro la Lazio. Il ganese ha ripagato Allegri con un’ottima prestazione, caratterizzata dalla ricerca continua di inserimenti e della migliore intesa possibile con Alex Sandro, ed infatti proprio da un movimento di Asamoah è nata la punizione da cui scaturisce l’1-0 firmato Dybala. L’argentino è riuscito in soli tre mesi ad effettuare una metamorfosi che lo ha portato a diventare sempre più gemma di questa squadra: dapprima ha saputo cimentarsi nel ruolo di raccordo tra centrocampo e attacco, lui che a Palermo agiva come unica punta davanti a Vazquez; ora sta diventando decisivo anche sui calzi piazzati ( il secondo in tre partite) come i suoi illustri predecessori Tevez e Del Piero. Sarò ripetitivo e forse troppo di parte, ma non riesco a vedere i limiti di crescita di un 22enne che sta diventando sempre più leader tecnico della Juventus, solo il futuro saprà dirci fin dove potrà spingersi questo ragazzo.
Al netto dei singoli e di qualche considerazione sul carrozzone mediatico nostrano, il campo ha detto che a Udine si è vista la solita Juve degli ultimi tempi, abile e brava a far valere la legge del più forte in soli 26 minuti, nonostante l’inizio non fosse stato grintoso ed energico come quello di Genova; anzi, nei primi minuti di gara ho notato diversi errori tecnici in fase d’impostazione, soprattutto da parte dei tre difensori. E anche qui credo sia doveroso aprire una piccola parentesi: dei tre il più timoroso e incerto è stato senz’ombra di dubbio Rugani. Premesso che ad un giovane talento come lui vada concessa la libertà di sbagliare, alla luce di quello che si è visto quando è sceso in campo, resto sempre più convinto che la gestione di questo ragazzo da parte di Allegri sia stata fin qui impeccabile, checché ne pensino web-tifosi e procuratore. Rugani, come detto da Chiellini nel post Samp diventerà un punto fermo della Juve del domani ma, ad oggi, è ancora un gradino sotto ai tre pilastri della difesa e se il mister lo avesse gettato nella mischia quando le cose non andavano come ora, credo che il rischio di bruciarlo sarebbe stato altissimo.
Adesso c’è una partita fondamentale da vincere mercoledì, facendo leva sulla possibilità di avere energie fresche mantenendo un livello tecnico altissimo: penso a Morata, Zaza, Sturaro, Evra, Cuadrado, Caceres e lo stesso Pogba tutti possibili titolari all’Olimpico, dove non credo la Juve arriverà con la pancia piena di vittorie.
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